Il Corsivo

L'orrore di Jabila apre le coscienze civili del mondo
A cura di Daniele Biacchessi
Jabalia finora era considerato il più grande campo profughi palestinese, quello dove nel dicembre 1987 iniziò la prima Intifada. Ci vivevano oltre 100mila persone, il 30% delle quali non sono evacuate. Si estende su appena un chilometro e mezzo e per questo è considerato uno dei luoghi più densamente popolati del mondo. Oggi è stata rasa al suolo da uno spaventoso bombardamento israeliano. Si registrano centinaia di morti, tutti civili, in gran parte bambini. Almeno 400 i feriti trasportati con mezzi di fortuna nel vicino ospedale “indonesiano” che ha sede a Bait Lahia. La struttura è al collasso: conta su appena 100 posti letto e già da settimane sta trattando un numero di pazienti dieci volte superiore alle possibilità. Le notizie arrivano a fatica perché le comunicazioni col Nord della Striscia sono interrotte da ore. Circolano però alcuni video, dove si sentono i pianti e le invocazioni d’aiuto e decine di uomini impegnati a scavare tra ciò che resta delle case. Si vedono i sopravvissuti muoversi tra i corpi senza vita dei loro cari e si sente il sollievo della folla quando da sotto le macerie viene tirato fuori un bambino incolume, poi un altro. Le bombe sono cadute su un’area densamente popolata e si sono abbattute su fabbricati popolari eretti per i profughi, gli uni sugli altri. L’esercito israeliano dice che il raid è servito ad uccidere Ibrahim Biari, comandante del “ battaglione Jabalia” di Hamas e a distruggere il commando operativo dell’area. Anche se fosse così, la reazione israeliana agli attentati terroristici del 7 ottobre è drammaticamente sproporzionata. L'orrore di Jabila dovrebbe ora aprire e scuotere le coscienze civili del mondo.
Credits: Agenzia Fotogramma
1 Novembre 2023
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