Il Punto della settimana

Il nulla dopo Draghi
A cura di Ferruccio Bovio
Volge al termine, in maniera caoticamente imbarazzante, una legislatura che era nata tra la diffidenza – forse anche un po’ spocchiosa di chi mastica la politica da qualche annetto – e gli incontenibili entusiasmi di chi pensava di poter realmente “abolire la povertà” con un decreto o di chi in una giornata d’agosto (evidentemente un po’ troppo assolata), uscendo da un notissimo stabilimento balneare si spinse a chiedere “pieni poteri” per se stesso, sentendosi forse un novello “caudillo”. A onor del vero, è stata però, indubbiamente, anche una legislatura particolarmente sfortunata, avendo dovuto affrontare due crisi straordinarie come la pandemia e la guerra in seno all’Europa: ma lo ha fatto cambiando ben tre governi – diversissimi tra loro – in quattro anni...E magari in settimana vedrà la luce anche un quarto esecutivo... Paradossalmente dovremmo quasi ringraziare il covid 19 se, negli ultimi due anni, ci si è presentata l’opportunità di realizzare delle riforme, potendo improvvisamente disporre di risorse economiche quanto mai insperate, sia pure da gestire sotto lo sguardo vigile di quell’Unione Europea che però, dinanzi all’emergenza sanitaria, rivelava un volto assai diverso da quello della “matrigna cattiva”che circa la metà degli Italiani le avevano, fino a quel momento, attribuito.
Per la verità, l’unica riforma istituzionale partorita da questo Parlamento è stata quella inutile e demagogica concernente la riduzione numerica di senatori e deputati, ma che nulla cambia in termini di future stabilità governative. Stabilità che verranno richieste anche a chi occuperà le stanze di palazzo Chigi dopo la prossima consultazione elettorale, sia che questa avvenga domani oppure alla scadenza naturale del 2023. Già, perché c’è veramente qualcuno, soprattutto tra quelli che chiedono elezioni anticipate da mesi e mesi, che è così ingenuo o irresponsabile da arrivare a pensare che basti cambiare un po’ la tinteggiatura delle due Camere per far sparire di colpo i contagi del virus, le oscillazioni dello spread, i missili in Ucraina, il caro carburante o l’inflazione che sta rendendo sempre più poveri i nostri carrelli della spesa? I problemi sono destinati a rimanere sempre gli stessi e le risposte che continueranno a richiedere comporteranno ancora la presenza di un governo eccezionale, analogo ( se non addirittura fotocopia ) a quello guidato fino ad oggi da Mario Draghi. Al di là di quelli che possano essere i sogni di Conte, Salvini o Meloni, il nostro Paese non può far finta di ignorare che esiste una causa di forza maggiore, internazionale, europea ed atlantica, ad imporre che Draghi – od un suo sosia - resti al timone della nave. Come si è detto, sia la pandemia, che la guerra sono stati eventi esterni che hanno, in qualche modo, imposto ai politici l’osservanza di comportamenti razionali: anche se molti di loro l’hanno considerata soltanto come una parentesi temporanea destinata a chiudersi con la fine delle emergenze. Fine delle emergenze che, come per magia, dovrebbe coincidere con lo svolgimento delle nuove elezioni politiche...Forse fino alla fine del 2019 lo si sarebbe potuto anche sperare, ma oggi pensare che questo bipolarismo ormai “bollito” tra centrodestra e centrosinistra possa ancora rappresentare una soluzione credibile per il nostro Paese ci sembra, francamente, una pia illusione. Il momento è drammatico e necessita di decisioni pienamente condivise da uno schieramento parlamentare che sia il più ampio possibile: sia per i delicati temi della politica internazionale, che per quelli economici e sociali della politica interna. Con o senza Draghi – che, a questo punto, avrebbe anche il suo sacrosanto diritto di mandare tutti a quel paese – ad imporsi, anche nella prossima legislatura, sarà una soluzione che ricalcherà l’esecutivo da lui presieduto e che dovrà, pertanto, esprimere una leadership caratterizzata decisamente in senso europeista ed atlantista. Ed a questo proposito, sappiamo tutti bene come lo sterile bipolarismo italico contrapponga due schieramenti che, al loro interno, presentano entrambi alcune falle per quanto concerne la compattezza sulla questione Ucraina... Guarda caso, a Mosca, proprio in queste ultime ore, non si è fatto mistero sui tappi di champagne che sono scoppiati per festeggiare un fatto che, al Cremlino, è parso ancora più importante di un successo su un campo di battaglia: e stiamo parlando del progressivo sgretolamento dell’Europa che l’uscita di scena di Draghi potrebbe accelerare seriamente. Ma queste cose che a Washington e a Bruxelles capiscono molto bene, a Roma sembrano, invece, di più difficile comprensione.
17 Luglio 2022
Il Punto della Settimana di Ferruccio Bovio
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