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Per non rimanere al buio | 03/05/2022 | Il Corsivo

today3 Maggio 2022 1

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A cura di Ferruccio Bovio

Sostituire i 29 miliardi di metri cubi di gas importati dalla Russia non sarà affatto cosa facile, ma se vorrà riuscirci, da qui al 2026, il nostro Paese si vedrà costretto ad operare un cambiamento di direzione assai rilevante, rispetto alla politica energetica adottata fino ad oggi. Infatti, lasciando serenamente il compito di gridare all’apocalisse alle forze politiche ed ai movimenti di base che, negli ultimi anni, si erano dedicati anima e corpo a sostenere le ragioni dell’ambientalismo del “no ad ogni costo”, chiunque occuperà le stanze di Palazzo Chigi si troverà a dover percorrere un cammino caratterizzato da scelte sostanzialmente obbligate. Un cammino fatto di nuovi rigasificatori, di potenziamento dei tre che in Italia sono già in funzione, di massimizzazione dei metri cubi di gas ricavabili attraverso il gasdotto del Tap, di maggiori importazioni da Algeria e Congo, di ripresa delle estrazioni del gas nazionale e, purtroppo, anche di pieno rilancio della quattro centrali a carbone di cui, attualmente, disponiamo.

È almeno dall’inizio del nuovo Millennio che, per andare incontro alle istanze di un certo tipo di ecologismo velleitario, abbiamo finito per perdere il contatto con quella nostra tradizionale povertà energetica che, adesso, la guerra si è impietosamente incaricata di riportare alla nostra memoria. Bisognerà, pertanto, mettere nel cassetto il libro dei sogni, per decidersi, invece, a rimettere nella cartella i ben più aridi (ma concreti) testi di tecnologia e di contabilità. E francamente, non ci sentiamo nemmeno di escludere che l’attuale Governo o quelli che verranno non si vedano, un giorno o l’altro, costretti ad assumere provvedimenti di austerità sui futuri consumi energetici: un po’ sulla falsariga di quelli che imparammo a conoscere durante la grave crisi petrolifera seguita, nel 1973, alla guerra del Kippur.

Stiamo però, parlando di una politica energetica che servirà magari a risolvere o a mitigare una situazione di emergenza, ma che non affronta ancora, con la necessaria chiarezza di programmi, la questione più generale del mix energetico, dal momento che lascia, infatti, insoluti tutti i problemi legati alla dipendenza -tuttora eccessiva – dalle fonti fossili e dai fornitori esteri che, comunque, in larga misura saranno sempre dei Paesi politicamente instabili.

Fermo restando che – per sacrosante ragioni ambientali e sanitarie – la prospettiva a medio/lungo termine deve essere davvero quella di ridurre le percentuali di utilizzo di petrolio, gas e carbone, viene tuttavia da chiedersi tramite quali fonti alternative questo obbiettivo possa essere raggiunto. Si dice, ottimisticamente, col solare e con l’eolico, dimenticando forse che si tratta pur sempre di fonti rinnovabili non continue, ma intermittenti. Ben vengano, quindi, anche loro, purché non si perda la consapevolezza del fatto che non sempre il vento ed il sole sono disposti a soffiare o a scaldare come farebbe comodo a noi…Ecco che affiora, quindi, inevitabilmente l’esigenza di poter fare affidamento anche su un qualcosa che sia continuativo ed al tempo stesso “pulito”. In sostanza, appare oggi piuttosto irrazionale che l’Italia persista nell’ignorare l’esigenza di valutare anche l’opportunità di fare ricorso ad una produzione – sia pure parziale – di energia nucleare. Un’esigenza che, comunque, non si elimina certo evitando l’argomento o facendo finta che non esista.

Scritto da: Giornale Radio

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