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7 ottobre, un anno dopo l’attacco di Hamas contro Israele. La guerra è totale.
Sabato 7 ottobre 2023 è la data che segna uno spartiacque decisivo nella guerra tra Hamas e Israele. 1119 morti, 250 ostaggi rapiti, alcuni di loro riportati a casa, gran parte invece uccisi in mezzo ai bombardamenti successivi degli israeliani. Un anno dopo, Hamas non è stata smantellata. Gaza è ridotta a macerie. Con i suoi 60 mila morti, è una città fantasma: acqua poca e razionata, ospedali in perenne emergenza. Un anno dopo la guerra di Israele si è allargata in buona parte del Medio Oriente: Iran, Iraq, Libano del Sud, Yemen, Siria. I negoziati avviati da Egitto, Qatar, Stati Uniti, non hanno prodotto alcun risultato, così come i numerosi appelli e risoluzioni dell’Onu, ormai trasformata in una tigre di carta senza una direzione certa. Gli Stati Uniti sono alle prese con una campagna presidenziale tra Kamala Harris e Donald Trump, e il vecchio Joe Biden non ha più alcun potere per contenere il conflitto dentro a confini già da mesi divelti dal conflitto.
Il potere di Netanyahu non è stato scalfito.
Il primo ministro d’Israele Benjamin Netanyahu, nonostante il fallimento della sicurezza del 7 ottobre e il mancato ritorno di tanti ostaggi, è risalito nei sondaggi ed è ancora al suo posto. Non sono bastate le oceaniche manifestazioni capeggiate dai familiari degli ostaggi che chiedono a gran voce le sue dimissioni. Non sono servite le dure critiche dell’Onu, i processi della Corte dell’Aja, le reprimende di molti leader europei ed internazionali. Netanyahu incassa gli ultimi successi nella guerra a Hamas e soprattutto contro Hezbollah. L’opposizione israeliana è divisa. Il Paese è spaccato in due, e il dopo-Bibi deve ancora iniziare. Se si votasse oggi Likud otterrebbe 25 seggi contro i 21 del rivale più vicino, il Partito di unità nazionale di Benny Gantz. E nella corsa alla premiership Netanyahu avrebbe un unico rivale: quel Naftali Bennett che su molti temi è più a destra di lui. Un anno dopo, la guerra è totale e le prospettive di pace non esistono perché non si intravedono nel breve periodo interlocutori in grado di giungere anche al minimo degli obiettivi: il cessate il fuoco.
“Il Corsivo” a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell’angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca.
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