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A cura di Ferruccio Bovio
“È lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione. E abbia deciso così di inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee”: con questa nota di Palazzo Chigi, prende corpo all’interno del Governo (ma soprattutto del suo partito egemone) il sospetto che esista una sorta di macchinazione orchestrata dalle procure della Repubblica per mettere in difficoltà l’esecutivo Meloni. I casi della ministra Santanchè – chiamata in Senato a fornire lumi circa la presunta scorretta amministrazione delle sue aziende – e quello del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro, per il quale il GIP ha disposto l’imputazione coatta per rivelazione di segreto d’ufficio, costituirebbero, indubbiamente, una imbarazzante spina nel fianco per qualunque governo, ma sono appunto una spina e non una ferita letale da arma da fuoco. Con questo, intendiamo dire che per spuntare le armi ad una eventuale operazione politico/giudiziaria e per gettare un secchio di acqua gelata sugli ardenti entusiasmi di un’opposizione ormai capace soltanto di vivacchiare in attesa di poter sfruttare qualche assist offerto dalla magistratura, non serve evocare chissà quali trame occulte, ma basterebbe, invece, procedere a qualche rimpasto rapido e sostanzialmente indolore. Siamo, infatti, in presenza di due vicende che forse potranno anche essere suscettibili di ulteriori sviluppi in sede penale, ma la cui rilevanza, almeno per ora, si manifesta essenzialmente a livello politico. Quale può essere, infatti, la credibilità istituzionale di una ministra che, accusata dai propri dipendenti di non aver pagato le liquidazioni, ritagliava, comunque, per se stessa elevatissimi compensi o che, pur opponendosi alle misure anti covid, nulla aveva poi da obiettare quando si trattava di incassarne i sussidi? Ancora più inspiegabile è il motivo per cui a Delmastro non sia ancora stato imposto di rassegnare le sue dimissioni. Un sottosegretario alla Giustizia consente ad un altro parlamentare di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli – con cui condivide un appartamento a Roma – di venire a conoscenza di alcune carte segrete del Ministero di via Arenula: carte che perderanno, poco dopo, la loro segretezza nel momento in cui Donzelli non si farà scrupolo di parlarne apertamente alla Camera. Delmastro si difende sostenendo di avere ignorato che si trattasse di informazioni top secret…Un autogoal quasi incredibile, perché, se le cose stanno realmente così, come si può giustificare la permanenza di un sottosegretario alla Giustizia che ammette, candidamente, di non essere in grado di distinguere tra un documento riservato ed uno pubblico? Ecco perché riteniamo che, a prescindere da tutto quello che potrà succedere o non succedere nelle aule giudiziarie, questa è la fase in cui il Governo non deve avventurarsi in una dispersiva caccia ai fantasmi, ma deve piuttosto agire secondo buon senso e pragmatismo. Anche a costo di dare il benservito ad amici di vecchia data.
Poi certo, ad aggravare il senso di accerchiamento in cui, al momento, sembra vivere Giorgia Meloni, è arrivata venerdì pomeriggio anche la notizia che riguarda il figlio di Ignazio La Russa…Ma anche qui, soprattutto se papà Ignazio si asterrà dal fare troppo l’avvocato del suo bizzarro pargoletto, è difficile ipotizzare l’esistenza di disegni oscuri e inconfessabili presso la Procura della repubblica di Milano… Ieri è morto Arnaldo Forlani: come si sente, in questa estate italiana del 2023, la mancanza di personaggi politici del suo livello…