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A cura di Ferruccio Bovio
Nel corso dell’incontro a porte chiuse (ma evidentemente aperte alle fughe di notizie) con gli oltre 200 vescovi italiani, che davano inizio all’Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana, il Papa è intervenuto sui criteri che devono ispirare l’accesso ai seminari per i futuri sacerdoti. E lo ha fatto (senza indubbiamente usare giri di parole) e sentenziando – tra l’imbarazzo e lo stupore generale – che “nella Chiesa c’è già troppa “frociaggine”. Al di là del tipo di espressione che, in quanto a garbo e compostezza ben difficilmente sarebbe stata ammessa in un salotto del Settecento, resta il fatto che le drastiche parole di Bergoglio, ponendo una sorta di steccato all’ingresso di soggetti omosessuali nel clero, segnano una battuta d’arresto rispetto alle posizioni ormai maturate anche all’interno della stessa CEI. Posizioni orientate a distinguere tra “atti” e “tendenze”, in una visione che – soprattutto nei tempi più recenti – pur riaffermando l’obbligo indistinto del celibato per tutti i seminaristi, sembrava superare ogni discriminazione di tipo sessuale. D’altra parte, non era stato, nel luglio scorso, lo stesso papa argentino a domandarsi pubblicamente “chi sono io per giudicare un gay che cerca Dio?”.
Adesso, è probabile che la diplomazia vaticana cerchi di gettare acqua sul fuoco, spiegando che non essendo italiano, il pontefice ha senz’altro usato un termine di cui ignorava il significato rozzo e volgare. Tuttavia, non è la prima volta che il Vescovo di Roma si lascia trascinare un po’ troppo dall’enfasi quando deve esplicitare qualche suo concetto: basti pensare al commento che pronunciò , dopo la strage parigina di Charlie Hebdo, quando disse “ se uno offende mia madre, gli do un pugno”.
Come era inevitabile che accadesse, sono puntualmente arrivate le reazioni stupite e deluse delle principali organizzazioni che si battono per i diritti delle minoranze sessuali, le quali non hanno esitato a dichiarare che il Papa discrimina i gay e che se le sue affermazioni venissero confermate, significherebbe che c’è ancora molto da fare per arrivare a un linguaggio finalmente rispettoso.
Vedremo come evolverà la vicenda, ma, per parte nostra, abbiamo difficoltà a spiegarci per quale ragione gli omosessuali, come seminaristi, sarebbero meno affidabili dei loro compagni etero che li affiancano sul cammino che li conduce tutti al sacerdozio.
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