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A cura di Ferruccio Bovio
In questi giorni ci capita sempre più frequentemente di sentir fare un uso inappropriato della parola “genocidio”. Forse, al di là della possibile buona fede di chi parla anche di cose che ignora (e, per carità, ha tutto il diritto di farlo), non sarebbe male se almeno però lo facesse andandosi prima a leggere la definizione che, di questo orrendo crimine, è stata data, nel 1944, dal giurista polacco, Raphael Lemkin, il quale, in proposito, parlò di “ atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Definizione che è poi stata accolta anche dall’ONU, quando, con la Risoluzione 260 del 9 dicembre 1948, pubblicò la “Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio”. Pertanto, il concetto di genocidio si fonda su particolari requisiti, la cui sussistenza va sempre rigorosamente accertata, onde evitare di avventurarsi su percorsi nei quali è facile inciampare ed andare culturalmente incontro a brutte figure.
Sappiamo bene come le sofferenze che, al momento, vengono imposte alla popolazione civile di Gaza assomiglino davvero molto da vicino ad alcune tra le più intollerabili sopraffazioni della Storia: tuttavia, in tutto ciò che sta oggi sciaguratamente capitando in Medio Oriente, non ci pare di poter cogliere la presenza di quei presupposti ideologici che autorizzino a parlare apertamente di genocidio. Riteniamo, infatti, che i lutti inflitti dagli Israeliani ai Palestinesi non siano assolutamente da interpretare come l’inevitabile conseguenza di un disegno pianificato e finalizzato alla cancellazione dalla faccia della Terra di una ben determinata componente umana. Piuttosto, vanno considerati come il doloroso risultato di una spietata azione di guerra che, comunque, reagisce pur sempre ad una gravissima aggressione, quale fu quella del pogrom scatenato da Hamas lo scorso 7 ottobre. Intendiamoci, la strage di civili impotenti in corso a Gaza, è senza dubbio un fatto di una gravità sconvolgente (specialmente per chi, come noi, è da sempre schierato dalla parte di Israele): ciò nonostante, per definire quanto di orribile sta accadendo, pensiamo sarebbe più corretto affidarsi ad altre espressioni come “crimini di guerra” o magari anche “crimini contro l’umanità”. Lo Stato ebraico ha, in passato, firmato trattati di pace con Paesi arabi come la Giordania o l’Egitto e non si può certo dire che non li abbia regolarmente rispettati. Ed anche i più recenti Accordi di Abramo, a tutto possono far pensare tranne che ad una bieca volontà di sterminare deliberatamente le genti che vivono nei Paesi arabi confinanti…Se mai, se proprio dobbiamo cercare l’incombere di una minaccia di annientamento etnico nella Regione, suggeriremmo di aprire lo Statuto di Hamas… magari all’art.7 dove si legge “l’ora finale non giungerà finché i musulmani non combatteranno contro gli ebrei e i musulmani li uccideranno”. Si noti bene che non si parla di israeliani, ma di ebrei…e, quindi, non di politica, ma di religione…
Certo, non c’è che dire: il governo Netanyahu sta facendo davvero del suo meglio per offrire su un piatto d’argento, agli anti semiti di ogni matrice, un’occasione veramente ghiotta (quanto insperata) per poter finalmente denunciare, “urbi et orbi”, quel presunto ribaltamento dei ruoli, che vedrebbe un popolo trasformarsi da vittima in carnefice, divenendo sostanzialmente autore di una sorta di nuova Shoah. Insomma, quasi fossimo in presenza di un contrappasso di dantesca memoria…
Due giorni fa, Pierluigi Battista ha scritto sull’Huffington Post che Israele ha commesso un gravissimo errore a non diffondere le immagini e gli audio raccapriccianti degli orrori perpetrati da Hamas in quella tragica mattina di ottobre. A suo parere, bisognerebbe davvero che ne prendessero atto coloro che gridano superficialmente al “genocidio”, senza comprendere per nulla la mostruosità di quanto è realmente avvenuto. E forse allora – continua Battista – ci penserebbero “due volte prima di accodarsi ai cortei complici in cui si invoca la fine dello Stato degli ebrei”. Noi siamo più pessimisti e crediamo, invece, che non ci sia nessuno più sordo di chi non vuole sentire e che, quindi, neanche la visione dei bambini fatti a pezzi o infilati nei forni tra l’entusiasmo dei loro assassini, possa cambiare qualcosa nella mente e nell’animo di chi agli ebrei ha sempre, comunque, negato il diritto di esistere.