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I dazi che fanno figli e figliastri | Il Punto della Settimana

today6 Aprile 2025

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Avete notato che nel lunghissimo elenco di Paesi che l’Amministrazione Trump ha deciso di “daziare”, spiccano per la loro assenza nomi tutt’altro che marginali come Russia, Cuba e Corea del Nord? Come mai gli Stati Uniti mostrano – ad esempio – maggiore clemenza per l’invasore che per l’aggredito, visto che l’Ucraina, è stata, comunque, assoggettata alla tariffa del 10%? La risposta risiede, essenzialmente, nel fatto che, dal momento del suo ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump ha modificato radicalmente l’atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti di Mosca, riaprendo un dialogo nel corso del quale – come è noto – non si è mai neanche sognato di mettere in discussione le imperialistiche rivendicazioni di Putin sulla nazione confinate. Arrampicandosi sugli specchi il segretario del Tesoro americano, Scott Bessent, ha cercato di motivare l’assenza della Russia dalla lista dei Paesi a cui gli Stati Uniti imporranno dazi reciproci, affermando che la cosa è dovuta alla circostanza che, praticamente, al momento non sussistono relazioni commerciali tra Mosca e Washington. Ed effettivamente, il valore degli scambi tra le due super potenze nucleari, dal 2021 ad oggi, è crollato dai 35 miliardi di dollari iniziali agli attuali 3,5 miliardi, come conseguenza delle penalità approvate dalla presidenza Biden all’apertura del conflitto ucraino. Tuttavia, sebbene si parli di numeri oggettivamente piuttosto modesti, anche con Mosca gli Americani versano, comunque, in una condizione di deficit commerciale, che è pari, nel 2024, a 2 miliardi e mezzo di dollari: un dato che costituisce, pur sempre, uno squilibrio dei conti ben superiore rispetto a quello che hanno, invece, tanti altri Paesi ( magari semi sconosciuti), i quali possono vantare, nei confronti degli USA, dei surplus commerciali di pochi ed irrilevanti milioni di dollari, ma le cui merci sono egualmente sottoposte alle tagliole trumpiane in una misura che oscilla dal 30 al 50%. Forse non avete nemmeno mai sentito nominare la repubblica di Nauru o il regno del Leshoto, ma sappiate che si tratta di piccolissimi Stati “furfanti” che, annualmente, “derubano” l’America per due o trecentomila dollari e che, quindi, andavano assolutamente rimessi in riga a dovere dalle bacchettate sulle mani, distribuite dal severissimo gendarme statunitense. Se poi vogliamo farci anche quattro risate, non abbiamo che da pensare al caso delle isole Mc Donald, sulle quali pende un dazio del 10%, nonostante siano completamente disabitate da oltre dieci anni…
A sentire l’Economist, se si applicasse – anche agli scambi avvenuti con Mosca nel 2024 – la formula (a detta degli esperti ben poco scientifica) adottata dal Tycoon per la definizione dei suoi dazi, ne verrebbe fuori una percentuale del 35% da addossare anche ai Russi… Ma l’idea non sembra affatto ispirare le scelte che si fanno, in questo periodo, dalle parti della Washington che comanda.
La verità è quella che Trump ha cambiato schieramento nel conflitto globale tra democrazia e autocrazia, allineandosi dalla parte degli autocrati, nel non ancora apertamente espresso desiderio di poter presto diventare uno di loro. Tuttavia, come ogni apprendista stregone, anche lui finirà per fallire, facendo precipitare il suo Paese (e purtroppo anche il resto del mondo) in uno stato di gravissima recessione. Poi, arriveranno, se Dio vuole, le elezioni di mid term nel novembre del prossimo anno: è lì si spera che gli Americani dimostrino di aver, finalmente, imparato (a spese loro) a diffidare di chi promette l’avvento di una “nuova età dell’oro” senza neanche sapere di che cosa stia parlando.
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