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4 aprile 2002. Guidonia Montecelio, due passi da Roma. In un appartamento di Via Lucera vive Michele Landi, 36 anni.
È una sera come altre. Landi torna a casa alle quattro del mattino dopo aver passato una serata con amici. Passano le ore. I carabinieri entrano in casa e lo trovano impiccato nel soggiorno. La porta chiusa, la luce accesa, la finestra aperta.
Il suo ultimo contatto con l’esterno è un messaggio di posta elettronica inviato alle 4,30 del mattino a un amico. Poi solo un lungo silenzio. La morte risale alle ore 18.
Michele Landi cresce a San Giusto, in provincia di Pisa. Le materie scientifiche sono la sua passione. Poi c’è l’amore per la velocità, il volo, un brevetto come pilota di alianti, lanci da paracadutista, il mare, la vela. E il giornalismo specializzato: computer e tecniche informatiche. Negli anni Ottanta lavora su sofisticati sistemi di difesa militare, come il progetto Catrin. Nell’inchiesta sull’omicidio del professore Massimo D’Antona, Landi è consulente informatico dell’avvocato Rosalba Valori, che difende Alessandro Geri. Il lavoro di Landi in quell’inchiesta risulta determinante. Dimostra l’estraneità del giovane all’omicidio. Landi è anche il responsabile di sicurezza del settore tecnologico della Luiss Managment e docente di tecnologia informatica ai corsi della Guardia di Finanza. Svolge delicate consulenze per le procure di Roma, Palermo e per i servizi segreti militari. Quando muore, Landi non lascia alcun biglietto d’addio. Non soffre di depressione, é sereno. In quei giorni, Michele Landi lavora all’inchiesta sulla morte del consulente del ministero del Welfare Marco Biagi, ucciso dalle Brigate Rosse il 19 marzo 2002, a Bologna.
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Racconta: Daniele Biacchessi.
SoundDesigner: Peter Bescapè.
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