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A cura di Ferruccio Bovio
Francamente, ci pare che giudicare la proposta di riforma della giustizia avanzata dal ministro Nordio come se si trattasse, più che altro, di un intervento teso a facilitare le cose per i “colletti bianchi” che commettono dei reati, sia un atteggiamento politicamente prevenuto e giuridicamente infondato. Dopo ormai molti anni in cui abbiamo spesso avuto l’impressione di dover assistere ad azioni penali motivate prevalentemente dalla volontà di fare dello spettacolo o da altre inconfessabili finalità, non possiamo che accogliere con favore l’introduzione di norme che costituiscono dei progressi significativi verso una più ragionevole organizzazione del nostro sistema giudiziario.
Ad esempio, l’abolizione dell’oscuro reato di abuso d’ufficio è un’istanza che era pervenuta anche da molti amministratori locali in quota al Partito Democratico che, infatti, si guardano bene anche oggi dal prenderne le distanze. Per abuso d’ufficio sono stati avviati numerosissimi procedimenti che si sono poi conclusi in condanne definitive solo nel 5% dei casi…Un ben modesto risultato, ottenuto, tra l’altro, passando attraverso lungaggini procedurali, costi economici e danni reputazionali causati da iniziative inquisitorie sovente superficiali, ma capaci, comunque, di sconvolgere le esistenze di tanti soggetti rivelatisi alla fine innocenti.
Naturalmente, non c’è da stupirsi del fatto che adesso una parte della magistratura inquirente – perlomeno quella più abituata alla visibilità – si riveli ben poco propensa a privarsi di alcuni strumenti (quale, appunto, può essere l’abuso d’ufficio) che le hanno, talvolta, consentito di mettere in pratica determinate forme di giustizialismo avventuriero. Ed è altrettanto normale che questo malumore trovi conforto in svariati settori mediatici, da ormai troppo tempo adagiatisi sulla comoda modalità di fare più audience e di vendere più copie di giornali sbattendo il mostro in prima pagina, piuttosto che riportando gli eventi in maniera rigorosamente documentata.
E da qui, la “liaison” con l’avversione nei confronti di un altro contenuto qualificante del progetto Nordio si verifica in modo assolutamente conseguenziale. E stiamo parlando delle nuove norme con le quali il ministro intende finalmente disciplinare l’uso delle intercettazioni, soprattutto per quanto riguarda la loro pubblicazione. Si denuncia, specialmente da parte dei soliti noti, un attentato alla libertà di informazione. Tuttavia, nessuno – tanto meno Nordio – pensa di nasconderci la realtà di un qualunque procedimento penale e neppure di rendere top secret i nomi dei relativi inquisiti.
Si tratta, invece, molto più banalmente di evitare quelle sgradevolissime strumentalizzazioni di pettegolezzi o di altri particolari che sono irrilevanti ai fini delle indagini, ma che, comunque, si confermano sempre molto efficaci quando si devono incrementare le vendite oppure alzare gli indici di ascolto.
Possiamo serenamente dire che, nel nostro Paese, la giustizia spettacolo ha affondato le sue radici in maniera così profonda, da apparirci ormai come una presenza quasi scontata. Una presenza per alcuni di noi imbarazzante e sgradita, ma di vitale importanza per chi, invece, ritiene che quella divisione dei poteri tanto cara a Montesquieu sia ormai roba buona soltanto per la rottamazione.
I linciaggi mediatici e le indagini fondate sul “non poteva non sapere” sono meccanismi che funzionano molto bene quando si tratta di alimentare delle passioni popolari…tuttavia, al tempo stesso, non possono che nuocere profondamente alla credibilità di tutto il sistema giudiziario italiano.