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A cura di Daniele Biacchessi
Per i partiti e le coalizioni, il voto regionale in Sardegna offrirebbe numerosi spunti di riflessione per il loro futuro. La lezione del voto sardo fa emergere le reali divisioni all’interno del centrodestra, quell’immagine di insieme che Giorgia Meloni ha voluto dare nell’ultimo comizio di Cagliari, e che si riassume nella nota congiunta firmata con Matteo Salvini e Antonio Tajani: nessuna ricaduta sull’azione unitaria del Governo, ma attenzione agli errori. “Rimane una sconfitta sulla quale ragioneremo per valutare gli errori commessi”, dice Meloni. Si, ma quali? Secondo Salvini, quando cambi un candidato in corsa e lo imponi dall’alto diventa tutto più complicato. In realtà, la partita nel centrodestra è il cosiddetto terzo mandato che diventa cruciale per la Lega, perché in gioco c’è la possibilità di una nuova corsa di Luca Zaia in Veneto. Il centrosinistra incassa la vittoria di misura in Sardegna e guarda alle prossime elezioni del 10 marzo in Abruzzo, con lo scontro tra il fedelissimo di Giorgia Meloni, Marco Marsilio, e Luciano D’Amico. In teoria, come lo era in Sardegna, anche l’Abruzzo sarebbe una partita chiusa, ma il centrosinistra si è aggregato da Azione e Iv ai rossoverdi, insieme a Pd e 5 Stelle – e stando agli ultimi sondaggi commissionati dal Nazareno la distanza si sarebbe ridotta a una manciata di punti. L’esperimento abruzzese potrebbe andare nella direzione auspicata dalla segretaria del Pd Elly Schlein che oggi afferma su Repubblica che Meloni non è imbattibile e che stando insieme tutto diventa possibile.
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