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Francamente, non ci stupiamo affatto se non poche comunità israelitiche italiane ed europee, quest’anno, rinunciano a celebrare pubblicamente il Giorno della Memoria, divenuto ormai, in generale e soprattutto negli ultimissimi anni, un evento che molti vivono se non proprio con fastidio, almeno con sostanziale indifferenza.
Purtroppo, anche le più recenti manifestazioni di piazza per ricordare il 25 Aprile sono state, spesso, caratterizzate da fenomeni di vergognosa intolleranza nei confronti delle rappresentanze della Brigata Ebraica: fenomeni avvenuti, tra l’altro, senza quasi mai minimamente turbare le coscienze degli organizzatori, fossero essi l’ANPI o, comunque, altre Associazioni anti fasciste. D’altra parte, secoli e secoli di deicidio, di pozzi avvelenati, di diffusioni delle più letali epidemie o di crudeli infanticidi, qualche traccia nel DNA del cittadino medio europeo devono pure averla lasciata… C’era, dunque, latente un retroterra di antisemitismo atavico che – camuffato da antisionismo per essere politicamente più presentabile – non aspettava altro che un pretesto qualsiasi per riemergere in tutto il suo inaccettabile sproloquio di pregiudizi tanto assurdi, quanto però ancora, evidentemente, ben radicati nelle società di mezzo mondo. E il pretesto è arrivato, a partire dalla data del 7 ottobre del 2023, quando cioè la condanna – pressoché universale – alla reazione militare israeliana nei confronti di Hamas, ha conosciuto un crescendo di intensità e di compattezza, finora mai riscontrati nei riguardi di altri conflitti che si sono combattuti nel resto del Pianeta. Di colpo è saltato il tappo della bottiglia che conteneva un veleno che era in attesa di potersi nuovamente liberare da circa ottant’anni. L’odio razziale contro gli Ebrei, questa volta, non era più però solamente appannaggio di quattro sfigati dalle teste rasate, ma coinvolgeva, infaustamente, anche tante altre forze politiche e correnti culturali abituate, di solito, a ragionare in modo molto meno rozzo e precipitoso. E così è stato tutto un frenetico, quanto scriteriato bruciare di bandiere israeliane, contrapposto ad un entusiastico sventolare di drappi palestinesi nelle piazze o persino alle finestre di qualche ente pubblico: il tutto accompagnato da un flusso continuo di contestazioni – talvolta pure violente – alla libertà di pensiero e di valutazione storica nelle università, nei licei, nei partiti o nei sindacati.
Chiariamo subito che se noi fossimo elettori israeliani, il governo Netanyahu non ce lo farebbero votare neanche puntandoci un coltello alla gola, tuttavia, in presenza di istituzioni e di gruppi di opinione che, pur di dare addosso al popolo ebraico, arrivano a solidarizzare con regimi disumani come quelli imposti dagli ayatollah in Iran e da Hamas a Gaza, ci viene spontaneo sostenere le scelte di tutte quelle comunità israelitiche che oggi si rifiutano di condividere il ricordo dell’Olocausto con coloro che, gridando “dal fiume al mare”, altro non fanno che auspicare – si spera almeno inconsapevolmente – il ripetersi di una tale tragedia.
“Il Corsivo” a cura di Daniele Biacchessi non è un editoriale, ma un approfondimento sui fatti di maggiore interesse che i quotidiani spesso non raccontano. Un servizio in punta di penna che analizza con un occhio esperto quell’angolo nascosto delle notizie di politica, economia e cronaca.
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