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A cura di Daniele Biacchessi
Da sud a nord, la questione morale, innescata dalle numerose e sempre più incalzanti inchieste della magistratura, irrompe nella campagna elettorale delle amministrative a Bari, in Piemonte, in Basilicata, e delle europee, e pone i partiti davanti ad una scelta epocale: compiere una ripulitura di comitati di affari e consorterie criminali dalla politica, oppure restare in balia di eventi giudiziari al momento imprevedibili. Di giorno in giorno, si allargano a Bari le indagini degli inquirenti su voto di scambio e corruzione che fanno emergere un vero e proprio sistema che coinvolge amministratori regionali. Dalla prossima settimana sono previsti gli interrogatori di garanzia dei fratelli Alfonsino ed Enzo Pisicchio, arrestati il 10 aprile scorso assieme ad altre tre persone per aver pilotato cospicui finanziamenti regionali ad alcune imprese in cambio di varie utilità (tra cui numerose assunzione di familiari e militanti politici), e attraverso polizze fideiussorie false fornite da un sedicente broker. Si tenta di porre rimedio facendo circolare una proposta di legge per rendere nomine e designazioni della Regione Puglia più trasparenti: era stata presentata nel 2021 da Antonella Laricchia del M5s, e ora torna attuale. In Basilicata, a dieci giorni dall’apertura dei seggi (si voterà il 21 e il 22 aprile), la Commissione parlamentare antimafia ha comunicato le sue valutazioni sulla violazione del codice di autoregolamentazione delle candidature. Sono cinque i candidati ritenuti “impresentabili”: Angelo Antenori (Orgoglio lucano), Vincenzo Clemente (Udc-Dc con Rotondi-Popolari Uniti), l’uscente Francesco Piro (Forza Italia) nel centrodestra; Lucio Libonati e Livio Valvano, entrambi candidati con la lista Avs-Si-Psi per il centrosinistra. Sono ancora minuscoli anticorpi messi in campo dalla politica contro il malaffare, ma non c’è ancora una presa di coscienza generale.
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