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Uno “special rapporteur” è un consulente indipendente che prende parte a gruppi di lavoro che, su mandato del Consiglio per i diritti umani dell’ONU, sono impegnati in “procedure speciali” come, ad esempio, quelle che riguardano la fame nel mondo, il razzismo oppure i martoriati territori palestinesi, sempre al centro non solo di violenti combattimenti militari, ma anche di accese polemiche a livello di diritto internazionale. Di solito, questi team operativi sono composti da cinque membri, in rappresentanza delle diverse aree del Pianeta. A rappresentare – non abbiamo ancora capito bene se l’Italia, l’Europa o solamente se stessa – nel gruppo di analisi che riferisce su Gaza e Cisgiordania è, dal 2022, una giurista campana che si chiama Francesca Albanese, la quale, ogni volta che rilascia dichiarazioni sulla questione mediorientale, non si può certo dire che faccia sfoggio di quell’imparzialità che ci si potrebbe, invece, aspettare da chi agisce nell’ambito delle Nazioni Unite. Schierata su posizioni decisamente ostili a Israele, già nel suo primo rapporto, la Albanese ha raccomandato agli Stati membri delle Nazioni Unite di sviluppare “un piano per porre fine all’occupazione coloniale israeliana ed al regime di apartheid”, descrivendo, inoltre, gli Stati Uniti come “soggiogati dalla lobby ebraica”. Insomma, concetti che ci sembrano andare d’amore e d’accordo con quelli contenuti nei “Protocolli dei Savi di Sion”: un falso inventato e pubblicato dalla polizia zarista, nel 1903, per diffondere l’odio anti ebraico tra la popolazione russa. Un falso che, non a caso, nei Paesi arabi gode ancora oggi di ampio apprezzamento e di indiscussa credibilità.
Francesca Albanese non ha mai fatto mistero di considerare legittima la “resistenza” di Hamas, sebbene ogni tanto – vedi il 7 ottobre – quei birbanti dei suoi miliziani si lascino prendere un tantino la mano dalla voglia di affermare le proprie ragioni…Anzi, essendo Israele quella che lei definisce una “forza occupante”, non ha alcun diritto di difendersi dagli attacchi provenienti dalle zone occupate, Gaza compresa. Peccato che Gaza, prima del terribile pogrom dello scorso autunno, fosse talmente occupata da non conoscere più la presenza di neanche un soldato israeliano dal 2005: anno in cui il governo Sharon aveva deciso non solo il ritiro unilaterale dell’esercito di Tel Aviv, ma anche lo sgombero – con le buone o con le cattive – di tutti gli insediamenti ebraici che, nel corso degli anni, si erano radicati proprio nel territorio della Striscia…
Forse, vi stiamo dando l’impressione di accanirci su un argomento che, in fondo, non è poi di così vitale importanza…Il fatto è che certe affermazioni tipiche dell’antisemitismo più classico, già ci danno fastidio quando provengono da sprovveduti manifestanti che ripetono lo slogan “dal fiume al mare” (senza neanche sapere di quali fiumi e di quali mari si tratti), ma ancora di più ci sbalordiscono se a pronunciarle è addirittura una consulente diplomatica dell’ONU, per giunta di nazionalità italiana… Un aspetto, quest’ultimo, che qualche domandina su come venga selezionato il personale diplomatico nel nostro Paese dovrebbe pure stimolarla… Comunque, lascia sinceramente un certo amaro in bocca il dover subire l’assordante silenzio che la politica e la stampa di casa nostra osservano dinanzi all’imbarazzante partigianeria di questa signora.
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