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A cura di Daniele Biacchessi
Premierato, la riforma della discordia
Le riforme che trasformano la Carta Costituzionale in alcuni punti delicati come quella del premierato, il ddl Casellati, andrebbero discusse e condivise da almeno i due terzi delle camere. La maggioranza, forte dei numeri, ha imposto un percorso rapido, e il Senato ha dato il suo primo via libera. Però un pezzo consistente del Paese non è d’accordo. Non solo le opposizioni e la società civile che hanno trovato in parte la loro unità in piazza, ma anche almeno 180 tra giuristi, intellettuali, esperti di riforme costituzionali, che hanno firmato un appello intorno alla dichiarazione contraria di Liliana Segre.
Premier per due mandati, in caso di crisi politica può sciogliere le Camere
Sono quattro gli articoli della Costituzione che vengono toccati dalla riforma che introduce il premierato, cioè l’elezione diretta del presidente del Consiglio: l’articolo 94, 92, 88 e 59. ll presidente del Consiglio viene eletto a suffragio universale e diretto e dura in carica 5 anni. Le Camere seguono cioè il destino del premier. È modificato l’articolo 92 della Carta dall’articolo 5 della riforma. Entro dieci giorni dalla formazione, il governo si presenta alle Camere per la fiducia. Se il premier neo eletto non la ottiene, può riprovarci, ma può fare solo due tentativi. Se viene bocciato anche la seconda volta, allora si torna al voto. Nell’ipotesi di impedimento personale o di dimissioni volontarie del premier, entro sette giorni può chiedere di sciogliere le Camere, previa informativa parlamentare. Se non lo fa, è previsto che il capo dello Stato possa affidare l’incarico a un parlamentare che sia stato candidato in collegamento con il presidente del Consiglio eletto per attuare il programma. Può accadere solo una volta nella legislatura.
Il ruolo del Capo dello Stato
Nei fatti, il ruolo del Presidente della Repubblica viene ridotto a pura formalità. Conferisce l’incarico all’eletto e può revocare i ministri su proposta del premier. Però i poteri di garanzia, ovvero la possibilità di intervenire nella formazione dei governi a inizio legislatura o di avere un ruolo nella soluzione di emergenze istituzionali, non gli spettano più. Si sfascia il sistema dei pesi e contrappesi definiti dalla nostra Costituzione che diventa, nella sostanza, carta straccia.
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