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Francamente, abbiamo l’impressione che tutto quel piangersi addosso che, da alcuni mesi, sta permeando non poche analisi sullo stato dell’economia italiana, sia davvero ispirato da una forma di settarismo prevenuto ed autolesionista. Vero, è innegabile che vi siano settori della nostra industria che al momento – basti pensare all’automotive – versano in condizioni di gravi difficoltà: tuttavia, se andiamo invece ad esaminare, più serenamente, l’andamento complessivo della nostra vita produttiva, allora non potremo certo far finta di ignorare la presenza di determinati numeri che, al contrario, ci raccontano di come l’industria italiana – grazie anche ad alcune sue specificità – risulti essere, al momento, la più in salute d’Europa. Se analizziamo, infatti, i dati più recenti relativi all’export ed all’occupazione o se ci soffermiamo a prendere atto di come un tessuto industriale opportunamente diversificato come il nostro sappia sempre trasformarsi in un’inesauribile fucina di brillanti innovazioni e di inimitabili eccellenze, ecco che allora dovremo, senz’altro, riconoscere di trovarci in presenza di una realtà economica che ben poco ha a che vedere con certe narrazioni influenzate da un pessimismo pregiudiziale, se non addirittura da un subdolo malaugurio.
Ed in verità, il nostro sistema industriale presenta tratti di un’originalità probabilmente unica al mondo e tale da renderlo resiliente persino dinanzi alle turbolenze geo politiche che stanno funestando il nostro tempo.
Pertanto, pensiamo che dovremmo apprezzare compiaciuti il fatto che il nostro modello di creazione di ricchezza – pur se così distante da quelli di altre potenze industriali – si riveli stabilmente in grado di garantire dei risultati confortanti. Risultati che scaturiscono, in larga misura, da un fitto pullulare di iniziative vincenti, che altro non sono se non il frutto della brillante volontà di innovare che guida le imprese italiane. Sia le piccole e medie, che quelle più grandi.
Stiamo, quindi, parlando, di un virtuoso modello di sviluppo che, non disponendo – come è noto – di particolari risorse naturali, investe prevalentemente nella sua fertilissima creatività e che, di conseguenza, va assolutamente tutelato a livello politico, nonché alimentato culturalmente con tutto l’ orgoglio che, di regola, dovrebbe caratterizzare quel grande Paese che spesso ci dimentichiamo di essere.
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