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A cura di Ferruccio Bovio
Il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), detto anche Fondo salva Stati, è un’organizzazione internazionale nata come fondo di finanziamento europeo per la stabilità finanziaria della Zona Euro. È stato istituito con un trattato dagli Stati membri aderenti alla moneta unica ed è finalizzato alla costituzione di uno strumento permanente di assistenza finanziaria, destinato ai Paesi membri in difficoltà, con una capacità di prestito massima di 500 miliardi. Si tratta però – come, del resto, è logico – di un’assistenza che l’Unione economica e monetaria non mette a disposizione a titolo assolutamente gratuito, ma per la quale richiede, invece, che gli Stati che ricevono l’aiuto – oltre a pagare un certo tasso di interesse – adottino anche determinate misure di politica economica, ispirate da sani principi nella gestione delle loro finanze pubbliche. In sostanza, ci riferiamo alle tanto temute “condizionalità”.
La struttura del MES ricalca quella della Banca Centrale Europea e, pertanto, tutti gli Stati posseggono delle quote in proporzione alla popolazione e alla ricchezza prodotta. Di conseguenza, la Germania è la prima azionista con il 26%, seguita dalla Francia con il 20 e, quindi, dall’Italia con il 17%.
Appare, quindi, piuttosto evidente come il MES sia stato, almeno inizialmente, concepito come uno sforzo congiunto delle economie comunitarie (inclusa la nostra) per garantire maggiore stabilità finanziaria al Vecchio Continente. Tuttavia, proprio in questi giorni, alla Camera dei Deputati è passata una mozione presentata dalla maggioranza che “impegna il governo a non approvare il disegno di legge di ratifica della riforma del trattato istitutivo del Mes”. Una scelta, questa, che (soprattutto adesso che, a breve, arriverà la ratifica anche da parte della Germania) isola inspiegabilmente il nostro Paese, lasciandolo da solo a recitare l’imbarazzante parte di chi si ostina – anche a costo di non fare i propri interessi – a frenare il processo d’integrazione dell’Europa. Sinceramente, stentiamo a comprendere la ratio di un atteggiamento di così marcata diffidenza verso la riforma di uno strumento che, tra l’altro, nessuno ci obbligherebbe mai ad utilizzare…Proprio come avvenne all’inizio della pandemia, quando cioè l’idea di attingere ai 37 miliardi che il MES ci avrebbe messo immediatamente a disposizione per fronteggiare l’improvvisa impennata delle spese sanitarie, venne sdegnosamente respinta dal governo che c’era allora. Ed a questo proposito, è strano, ad esempio, osservare come le tanto demonizzate “condizionalità” previste dal MES, non siano poi così diverse da quelle che, successivamente, sono state imposte relativamente ai Piani nazionali di ripresa e resilienza che, invece, nessuno si è poi sognato di contestare. Viene, dunque, da domandarsi come mai, in Italia, le regole del MES siano state viste come il diavolo, mentre quelle legate al Next Generation EU come l’acqua santa…Forse a condizionare la linea di condotta dell’attuale maggioranza di governo è più che altro un moto di orgoglio che le impedisce di ammettere onestamente, dinanzi al Paese, che tutti i suoi pregiudizi in merito al MES sono stati, fin dall’inizio, solamente una serie di errori di valutazione dei quali, se a prevalere fosse veramente la serietà, bisognerebbe oggi riconoscere la responsabilità.
E così, persistendo nel suo atteggiamento di chiusura, l’Italia sta privando l’intera Zona Euro, di un’opportunità fondamentale per contrastare o limitare, in futuro, eventuali nuove crisi finanziarie. Chi lo va a spiegare alle altre cancellerie europee?