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A cura di Daniele Biacchessi
Per tradizione, l’Italia in politica estera segue le orme atlantiste ed europee. Valeva nel dopoguerra, vale ancora di più oggi nel mezzo di due conflitti dalle difficili conclusioni. La morte di Alecsei Navalny giunge proprio durante la guerra tra Russia e Ucraina che ha totalizzato migliaia di vittime da ambo le parti e nessun spiraglio, anche seppur lontano, di pacificazione. Non stupisce quindi la mossa della Farnesina, in linea con quelle adottate dagli altri paesi europei, che ha convocato l’ambasciatore russo a Roma Paramonov e gli ha chiesto spiegazioni ufficiali sulla morte dell’oppositore. L’azione si inserisce in un contesto di pressione diplomatica per le tragiche sorti del dissidente russo, proprio nel giorno in cui in Bielorussia muore un altro detenuto politico. Stupisce invece che un ministro italiano e un segretario di un partito di maggioranza possa diffondere certe dichiarazioni, in risposta alle accuse della moglie di Navalny contro Putin di essere il mandante dell’omicidio di suo marito. “Chiarezza la fanno i giudici e i medici”. Le cronache dicono che la premier Giorgia Meloni è imbarazzata per la posizione assunta da Matteo Salvini, così come lo sono numerosi membri del Governo. Tutto accade nel giorno in cui la madre di Navalny chiede disperatamente di vedere il corpo del figlio e Putin, rispondendo alle domande di una studentessa milanese, si dice di avere tanti amici in Italia.
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