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A cura di Ferruccio Bovio
Come è noto, la presidenza uscente della Commissione europea, prima di dirci addio (anche se, forse, sarà un arrivederci) ha affidato a Mario Draghi l’incarico di elaborare una strategia volta al recupero della competitività dell’economia comunitaria sugli scenari globali. E da alcune premesse che l’ex governatore della BCE ha lasciato filtrare in tempi recenti, possiamo ipotizzare che il farmaco sul quale si baserà la sua terapia sarà, essenzialmente, quello che si prepara utilizzando una molecola chiamata “crescita”. Può sembrare ovvio e banale il pensare che, per progredire e per realizzare anche i suoi progetti più ambiziosi (come la decarbonizzazione o il mantenimento di elevati standard di welfare), un Continente abbia soprattutto bisogno di crescere economicamente… purtroppo però – almeno negli ultimi anni – le istituzioni europee hanno, frequentemente, dato l’impressione di non riuscire più a comprendere questa cosa in maniera adeguata. Da un lato, infatti, le politiche dell’Unione sono state, spesso e volentieri, troppo condizionate dall’ossessivo richiamo all’ austerità finanziaria ed agli inflessibili equilibri di bilancio imposti dai cosiddetti “Paesi frugali”, mentre dall’altro, a far loro smarrire la strada del pragmatismo e del buon senso, ha disastrosamente contribuito l’affermarsi – a livello sia politico, che tecnocratico – di un estremismo ambientalista, per il quale ogni ragionevole richiamo alle normali esigenze di crescita industriale sembrava assumere i connotati di un’autentica bestemmia.
Intendiamo dire che, almeno nell’ultimo quinquennio, associare le attività industriali all’inquinamento o alla distruzione della natura sembrava essere divenuto l’argomento più scontato ed incontestabile d’Europa…Al punto che qualche cervello particolarmente acuto si è spinto fino ad auspicare, per il nostro futuro, una sorta di “decrescita felice”…
Di conseguenza, considerato il contesto tutt’altro che agevole in cui dovrà muoversi la prossima Commissione UE, ci pare opportuno che essa ricominci, finalmente, a guardare alla crescita economica ed industriale come ad un fenomeno oggettivo, indispensabile e privo di colorazioni politiche, trattandosi, in realtà, dell’unico strumento efficace di cui possiamo, eventualmente, disporre per contrastare una decadenza europea che è in fase già ben avanzata e che, se lasciata indisturbata, ad altro non porterà se non a disoccupazione e miseria.
Smettiamo, quindi – e lo chiediamo soprattutto ad una Sinistra che pare infischiarsene beatamente di quello che sta capitando alle imprese e di riflesso ai lavoratori – di inseguire certi sogni (per ora irrealizzabili) tipici del green deal, per concentrarci, invece, sulla prova di sopravvivenza che il Vecchio Continente è oggi chiamato ad affrontare se non vuole rimanere del tutto soffocato dal gap industriale che, dall’inizio del nuovo Millennio, ha colpevolmente accumulato nei confronti di Cina e Stati Uniti.
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