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Cosa vuol dire essere un ragazzo normale? Solo l’idea mi fa venire un certo prurito. La normalità non so cosa sia, temo che sia quello che dice l’Istat: che abbiamo due occhi, una bocca. Ma sfido qualsiasi persona intelligente a definire un ragazzo normale: temo che dietro la normalità ci sia il peggio.
30 anni fa ho scritto un libro “Non siamo capaci di ascoltarli”. È la prima domanda che farei: siete capaci di ascoltarli? Cosa significa che un ragazzo è un bravo ragazzo? Chi lo conosce davvero? Non mi venite a dire che i genitori conoscono i propri figli perché sono nella loro chat o sui loro social. Sono cose che vedo tutti i giorni. La cronaca nera ci dà fastidio perché è metaforica, quindi la archiviamo. E anche il corpo di questa povera ragazza sarà archiviato: tre giorni e non si parlerà più di Giulia Cecchettin. Chi parla di inserire ore di educazione sentimentale nelle scuole, deve dire anche cosa vuole fare nel dettaglio, altrimenti è una furbata inaccettabile in questo momento, soprattutto ricordando quella povera ragazza.
La gelosia è una grandissima porcheria, è un’idiozia, una sopraffazione. Perché continuiamo a dire le cose che dicevano i nostri trisavoli? Siamo una società che è andata avanti perché abbiamo l’ultimo modello di IPhone, tutto il resto è antico. È agghiacciante. Deve essere proibito geolocalizzare una persona, qualcuno abbia il coraggio di dirlo. Vogliamo fare una scuola per l’educazione sentimentale? Prima regola: via tutti i telefonini.
I raptus? Il ragazzo ha manifestato tanti segnali, se n’è parlato in questi giorni. Se poi uno ha l’occhio buonista e pensa che un po’ di arrabbiatura è normale, allora è un problema. Questo delitto molto probabilmente era già stato pensato. Ma quale raptus… Non va all’appuntamento con l’ex ragazza con un coltello, nastro adesivo e sacchi per l’immondizia. Tutto questo non avviene nel silenzio e se avviene nel silenzio bisogna romperlo. Forse anche Giulia si è sentita sola in questo, e bisogna chiedersi il perché. I nostri ragazzi hanno tutti gli strumenti per comunicare ma sono i più soli della storia. Perché? Non può bastare un selfie. Non ce l’ho con la tecnologia, ma è ovvio che questo incida enormemente. È morta l’empatia e non ce ne siamo accorti. L’abbiamo uccisa. Non capiamo più l’altro, non lo sentiamo.
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