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IL PUNTO DELLA SETTIMANA

Professione reporter | Punto della Settimana

today12 Novembre 2023

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A cura di Ferruccio Bovio

In questa settimana, abbiamo appreso dal sito americano “Honest Reporting” che, ad immortalare le immagini delle atrocità compiute dal terrorismo palestinese lo scorso 7 ottobre, non c’erano soltanto i miliziani di Hamas, ma a dare il loro fattivo contributo partecipavano anche alcuni fotoreporter ingaggiati dalle principali testate internazionali. La notizia è stata poi ripresa da giornali prestigiosi – come il Washington Post – ed ha, inoltre, cominciato a girare, su internet, anche il filmato di un collaboratore della “CNN” e del “New York Times” che racconta – come fosse una telecronaca – l’esultanza dei fondamentalisti islamici dinanzi ad un carro armato israeliano incendiato. E si tratta, tra l’altro, di un signore che, pochi giorni prima, non aveva avuto problemi a farsi fotografare in atteggiamento amichevole con Yahya Sinwar, l’uomo che guida Hamas nella Striscia di Gaza. Altre immagini riprendono, invece, come se nulla fosse, il rapimento di una donna, avvenuto in un kibbtz. Non possiamo nascondere che il venire a conoscenza di certi fatti, ci ha stupiti, ma solo fino a un certo punto.

La vera novità del “caso 7 ottobre” è senz’altro quella che, per la prima volta, i terroristi che volevano documentare le loro gesta disumane, non si sono limitati ai soliti cinegiornali “fai da te” – ai quali Isis e Talebani ci avevano ormai abituati da oltre vent’anni – ma hanno deciso di portare al proprio seguito anche giornalisti che avrebbero poi raggiunto, con i loro reportage, ogni angolo del Pianeta. Ma tutto ciò, se non andiamo errati, significa pure, in modo chiaro, che questi professionisti dell’informazione dovevano necessariamente sapere, con un certo anticipo, quello che sarebbe capitato, da un momento all’altro, oltre il confine israeliano. Possiamo, quindi, sospettare una complicità politica e ideologica da parte dei fotoreporter presenti sui luoghi delle stragi? Non sarebbe, a dire il vero, un fatto così straordinario, visto che, di solito, nei territori controllati da Hamas o dall’Autorità Nazionale Palestinese, la stampa internazionale è spesso costretta a servirsi di collaboratori che le vengono direttamente “suggeriti” dai poteri locali, i quali, ovviamente, li scelgono non in virtù delle loro capacità professionali, ma piuttosto in base a criteri di affidabilità politica. Ma non sono neanche così rari i casi in cui sono gli stessi media occidentali a censurare notizie o video che potrebbero nuocere alla buona immagine dei taglia gola di turno. Ed a questo proposito, ci viene in mente una vicenda che riguarda da vicino proprio il nostro Paese. Era il 12 ottobre del 2000, quando due camionisti israeliani, sbagliando strada, entrarono a Ramallah venendo subito arrestati dalla polizia di Arafat. Purtroppo per loro, le carceri, in certe zone del mondo, non sono posti poi tanto sicuri e così gli sventurati prigionieri caddero, dopo pochissime ore, nelle mani di una folla di scalmanati che, dopo averli orribilmente mutilati, li fece a pezzi, scaraventando giù dalla finestra i brandelli di ciò che restava di loro. Il caso vuole che una troupe di Mediaset abbia assistito a questi eventi, filmandone la ferocia e rendendola, pertanto, pubblica a livello mondiale, tra l’inevitabile ed infastidito imbarazzo della “moderata” ANP.

Interessante è però anche ricordare, a questo punto, quale fu, in quei giorni, la reazione della RAI che, trovandosi spiazzata da una divulgazione senza filtri di quello che i “pacifici” e oppressi palestinesi erano, in realtà, capaci di fare, si preoccupò immediatamente di scrivere al quotidiano locale “Al-Hayat al-Jadida”, una lettera di scuse e presa di distanza dalla TV concorrente, che a noi pare addirittura imbarazzante. Vi salutiamo leggendovene qualche riga, affinché voi oggi possiate trarre le vostre conclusioni. “Cari amici di Palestina, ci congratuliamo con voi e crediamo che sia nostro compito mettervi al corrente degli eventi che hanno avuto luogo a Ramallah il 12 ottobre. Una delle reti private italiane, nostra concorrente, e non la rete televisiva ufficiale italiana RAI, ha ripreso gli avvenimenti… e in questo modo l’impressione del pubblico è stata che noi, cioè la RAI, avessimo filmato quelle immagini. Desideriamo sottolineare che le cose non sono andate in questo modo, perché noi rispettiamo sempre e continueremo a rispettare le procedure giornalistiche dell’Autorità Palestinese per il lavoro giornalistico in Palestina e siamo attendibili per il nostro lavoro accurato. Vi ringraziamo per la vostra fiducia e potete stare certi che questo non è il nostro modo di agire”.

Buona domenica.

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