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A cura di Ferruccio Bovio
Non sappiamo se certe affermazioni avventate – di cui abbiamo letto in questi giorni – siano il frutto di uno stato di confusione mentale oppure di una tragicomica inadeguatezza politica: tuttavia, se avessimo potuto, ci saremmo volentieri risparmiata la lezioncina di correttezza istituzionale che la portavoce della Commissione europea, Dana Spinant, è stata costretta a dare alla nostra solita “Italietta”, apparsa in così evidente difficoltà nel comprendere il banalissimo concetto in base al quale, nel momento stesso in cui un qualunque cittadino europeo assume la carica di Commissario a Bruxelles, deve anche garantire che le sue scelte non saranno mai condizionate dagli interessi particolari del suo Paese di provenienza. E così, dinanzi alle recentissime critiche rivolte al Commissario agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, da parte dei tre massimi esponenti dell’esecutivo Meloni (insoddisfatti per la scarsa attenzione che – a loro dire – Gentiloni presterebbe alle esigenze dell’economia italiana), Dana Spinant ha ricordato a tutto il Bel Paese quali debbano essere i compiti di un commissario europeo e come “i commissari europei rappresentino l’interesse europeo che portano avanti nei loro portafogli in modo collegiale”. Pertanto, le esternazioni del vice premier, Matteo Salvini, che, in questo periodo, ha avuto l’impressione di vedere “un commissario europeo che giocava con la maglietta di un’altra nazionale”, sarebbe stato meglio non fossero mai uscite dalle stanze più segrete di via Bellerio…Così come ci saremmo aspettati una maggiore conoscenza dei meccanismi di funzionamento della macchina europea almeno dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani (se non altro per la lunga esperienza che questi, almeno in teoria, dovrebbe aver maturato ai vertici del Parlamento di Strasburgo). Invece no, anche il numero uno di Forza Italia si augura che Gentiloni lavori tenendo conto di essere il commissario italiano e di avere, pertanto, una visione che “non sia quella dei Paesi rigoristi per quanto riguarda la riforma del Patto di stabilità e crescita”.
Ed a chiarire in maniera inequivocabile quale sia la posizione del suo Governo sull’autonomia dei commissari europei, ci ha pensato direttamente la stessa Giorgia Meloni, ricordando che “da quando ogni nazione ha un suo commissario, accade che questo abbia per lei un occhio di riguardo”. Di conseguenza, Meloni ritiene che ciò sia “normale e giusto” e sarebbe, quindi, contenta “se accadesse di più anche per l’Italia”.
La nostra impressione è quella che, dinanzi agli scenari tutt’altro che allegri che si delineano all’orizzonte per il nostro Paese, stia salendo forte la tentazione di trovare un comodo capro espiatorio e di dare la colpa a qualcuno che agisca al di fuori dei palazzi romani. Tuttavia, non è colpa di Gentiloni se l’Italia si sta allontanando da alcuni parametri di bilancio, fissati tra l’altro non certo da lui, ma dall’Unione Europea.
Francamente, ripercorrendo la strada seguita da Gentiloni da quando è alla guida degli Affari Economici della Commissione UE, non ci pare proprio che egli abbia voluto ignorare (o, comunque, sottovalutare) la portata dei nostri interessi nazionali. Anzi…Però, non si deve assolutamente equivocare sulla sua funzione, che non è affatto quella di essere l’ avvocato di Palazzo Chigi a Bruxelles, ma è, invece, quella – sicuramente meno agevole – di dover arbitrare seriamente una partita che vede ben altri 26 giocatori in campo.