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IL CORSIVO
today24 Gennaio 2023
A cura di Daniele Biacchessi
Non utilizza mezzi termini Nino Di Matteo per 30 anni in trincea antimafia e in procinto di tornare alla Direzione nazionale antimafia dopo l’esperienza al Csm, Il magistrato sostiene che centinaia di mafiosi, tra cui i fratelli Graviano, Madonia, Bagarella coltivano ancora la speranza di potere uscire dal carcere. Morti Riina, Provenzano, finita la corsa di Matteo Messina Denaro, quella generazione di criminali tra i 55 e i 65 anni rappresenta il gruppo di arrestati nel periodo immediatamente successivo alle stragi quando le indagini hanno potuto contare sulla grande spinta delle collaborazioni e importantissimi processi hanno portato a centinaia di ergastoli. Moltissimi di loro hanno trascorso in cella più o meno 30 anni e dunque potrebbero godere di alcuni benefici.Questi irriducibili non si rassegnano all’idea di morire in carcere. Ha ragione Di Matteo, perché le tensioni nella maggioranza e più in generale nelle istituzioni si concentrano proprio sull’ergastolo ostativo che resta da sempre il centro dei rapporti tra mafia e Stato, come confermano le carte giudiziarie. Del resto, Cosa nostra non ha mai smesso quella che è una sua peculiarità: cioè quella di cercare di condizionare l’attività legislativa e politica. E lo Stato in passato ha dato la sensazione di avere accettato il piano dell’interlocuzione. Diciamo che oggi sarebbe molto importante evitare anche solo di dare l’impressione di essere disponibili a trattare quello che è e deve rimanere esclusivo del potere legislativo e politico. Un segnale di debolezza da parte dello Stato sarebbe interpretato dai mafiosi in carcere come una disponibilità a riprendere la trattativa che, come afferma Salvatore Baiardo, l’uomo che ha coperto la latitanza ai fratelli Graviano, non è mai finita.
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