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A cura di Ferruccio Bovio
Anche questa volta, a finire nel mirino del Governo è un altro dei provvedimenti simbolo che vennero presi dagli esecutivi a trazione pentastellata. Infatti, dopo il reddito di cittadinanza, tocca ora al super bonus 110%, in merito al quale – con una decisione a sorpresa – nella giornata di mercoledì scorso l’esecutivo Meloni ha detto basta sia alla possibilità di cedere i crediti di imposta, che a quella di utilizzare lo sconto in fattura che di fatto azzerava le spese per chi commissionava dei lavori.
Ricordiamo che, all’origine del super bonus, c’era l’apprezzabile finalità di migliorare l’efficienza energetica degli edifici italiani. Finalità che però, non ha tenuto conto di alcuni aspetti sperequativi, non facendo distinzioni tra le esigenze economiche dei proprietari di immobili di pregio e quelle di chi si accingeva a ristrutturare un piccolo appartamento. E di certe inadeguatezze della misura adottata dal governo Conte se ne era accorto anche Mario Draghi, il quale, pur non negando la validità dei suoi intenti, aveva cercato inutilmente di mettere le mani, in modo deciso, nei meccanismi del superbonus.
Adesso, invece, Giorgia Meloni, potendo – a differenza del suo autorevole predecessore – fare affidamento su una maggioranza parlamentare più omogenea, ha scelto di agire con la risolutezza che, a questo punto, era ormai probabilmente divenuta necessaria. Il tutto anche a costo di scontentare gran parte dell’elettorato di centro destra: si pensi, ad esempio, alla reazione indignata che si è avuta da parte dei costruttori. D’altronde, se andiamo ad esaminare un po’di numeri, scopriamo che tra il superbonus 110% ed altri svariati bonus, lo Stato si è accollato un insostenibile impegno finanziario che ammonta addirittura a 120 miliardi di euro: e non a caso, il ministro Antonio Tajani ha parlato di una “lievitazione dei crediti senza controllo”, in grado di “minare la sostenibilità dei conti pubblici”.
Si è detto, soprattutto da parte del Movimento 5 Stelle, che il superbonus è stato determinante per la crescita del PIL di questi anni: tuttavia, noi ci sentiamo di obiettare che un aumento del PIL si registrerebbe anche se un governo regalasse ad ogni cittadino l’arredamento completo della sua abitazione… Solo che si tratterebbe però, di un incremento fittizio dinanzi all’impossibilità da parte dello Stato di potervi poi fare fronte finanziariamente…
Resta, comunque, in ballo il problema gravissimo (ed in molti casi drammatico) di chi, al momento, si trova alle prese con questi crediti ancora in pendenza. E’evidente che non si possono abbandonare al loro destino cittadini ed imprese che avevano contato sulla serietà e sulla credibilità dello Stato italiano…Forse, l’unica (anche se costosissima) soluzione che trapela adesso dai palazzi romani è quella di stabilire che il nuovo modo di contabilizzare a bilancio i crediti valga soltanto per i nuovi lavori e non per quelli vecchi…ma a questo proposito, qualcuno ne ha già parlato con l’Unione Europea per sapere cosa ne pensa?