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A cura di Ferruccio Bovio
Viene da chiedersi come sia possibile che un uomo che – come Donald Trump – è stato rinviato a giudizio con accuse così gravi possa ancora essere in corsa per la presidenza degli Stati Uniti. I reati che gli vengono attribuiti vanno, infatti, dalla cospirazione alla detenzione illegale di documenti top secret: inoltre, lo scorso 15 marzo è stato pure incriminato, a New York, per aver falsificato i registri contabili della sua azienda al fine di nascondere un pagamento illecito a una pornostar… Ma quest’ultima vicenda, sebbene renda piuttosto chiara la disinvoltura con la quale l’ex inquilino della Casa Bianca è abituato a muoversi, è tuttavia, politicamente e giuridicamente, ben poca cosa rispetto ai due altri reati federali per i quali è finito nel mirino del FBI e che potrebbero costargli fino a 75 anni di carcere. Comunque, siccome i processi richiederanno molti mesi di attività istruttoria, appare ben difficile che possano arrivare in aula prima del 2024. Inoltre, non è neppure da escludere che lo stesso Trump finisca per essere rinviato a giudizio anche per l’incitamento alla violenza ed all’insurrezione, a causa dei tafferugli provocati, in Campidoglio, dai suoi sostenitori il 6 gennaio del 2021. È chiaro, quindi, che se The Donald riuscirà a prevalere nelle primarie del Partito Repubblicano, dovrà affrontare tutta la sua campagna elettorale nella non facile condizione di individuo sotto processo. Potrà magari anche vincere sul candidato democratico ed in tal caso tornerà ad essere presidente: e potrà – qui sta il paradosso – diventarlo anche da condannato. Infatti, chi scrisse la Costituzione americana verso la fine del Settecento, pur facendo anche il più estremo sforzo di fantasia, ben difficilmente avrebbe potuto immaginare che, un giorno o l’altro, avrebbe potuto delinearsi una candidatura come quella di Donald Trump… di conseguenza, i requisiti che la Carta fondativa degli Stati Uniti prevede per chiunque voglia ambire alla presidenza del Paese sono solamente tre: e vale a dire, l’essere nati negli USA, l’avere almeno 35 anni e l’aver mantenuto la propria residenza per non meno di 14 anni sul territorio statunitense.
Detto questo, dobbiamo registrare il fatto che, al momento, l’imprevedibile immobiliarista newyorkese non sta certo dando l’impressione di aver accusato troppo il colpo, ma, al contrario, ha subito colto al volo l’occasione per presentarsi all’elettorato americano come una sorta di perseguitato politico, vittima innocente di una macchinazione giudiziaria costruita, a suo danno, dall’establishment vicino al Partito Democratico.
A noi sembra però che, giunti a questo punto, il vero nodo politico da sciogliere riguardi, adesso, essenzialmente il partito Repubblicano e la sua disponibilità a rinnovare la fiducia ad un candidato discusso come Donald Trump. Ufficialmente, tutti i concorrenti alle primarie del “Grand Old Party” esprimono la loro solidarietà allo scomodo avversario e parlano di una vera e propria ingiustizia commessa nei suoi confronti…ma si sa, una cosa sono le dichiarazioni formali ed un’altra sono poi le ambizioni dei singoli.
Certo è che chiunque sarà il designato a sfidare Joe Biden alla Casa Bianca, non potrà, comunque, assolutamente prescindere anche dal sostegno elettorale di quella componente complottista e radicale che continua a guardare all’ex presidente come ad uno straordinario leader geniale e carismatico. Pertanto, quale che sia l’esito della battaglia interna al suo Partito, Donald Trump è destinato a contare ancora abbastanza a lungo nella vita politica americana.