
Ci manca solo il plastico della villa di Cogne di Bruno Vespa, poi l’inchiesta sulla strage della funivia Stresa-Mottarone può raggiungere l’apice della confusione mediatica.
In genere i magistrati dovrebbero eseguire rilievi, produrre prove, confrontare testimonianze e parlare attraverso i documenti. Invece ormai i quadri indiziari si proiettano prima davanti alle telecamere televisive e poi nel lavoro quotidiano di chi è pagato per risolvere i casi giudiziari.
Il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici ha voluto precisare l’annullamento due dei tre fermi. “Dovreste ringraziare che il sistema è così, dovete essere felici di vivere in uno Stato in cui il sistema fa giustizia o è una garanzia e invece sembra che non siate felici, l’Italia è un paese democratico”, ha detto il gip. Tutto giusto, sia chiaro, ma perché doversi giustificare davanti alle telecamere? E perché da diversi giorni il Procuratore Olimpia Bossi pare più propensa a dettare dichiarazioni, concedere interviste, piuttosto che parlare attraverso i riscontri e le prove? Un’inchiesta mediatica allontana sempre più la ricerca della verità di un caso giudiziario dai contorni ancora sfumati.