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L'opinione

Il Tycoon e l’underdog della Garbatella

today10 Gennaio 2025

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A cura di Ferruccio Bovio

La liberazione di Cecilia Sala – se si esclude qualche “rosicone” davvero un po’ troppo settario – è stata accolta con grande soddisfazione da tutte le forze politiche italiane, comprese quelle che si oppongono al Governo. Le felicitazioni dei vari Conte, Schlein o Calenda indirizzate a Giorgia Meloni costituiscono, infatti, un momento di fair play abbastanza inusuale dalle nostre parti, sia pure di fronte ad un’operazione condotta con un tempismo ed una capacità negoziale di innegabile efficacia. La giornalista italiana è, infatti, rientrata in patria a meno di una settimana dall’improvvisa missione compiuta dalla Meloni nella residenza di Donald Trump, a Mar – a – Lago.

Una missione dettata, evidentemente, dalla necessità di riportare, il più presto possibile, Cecilia Sala a casa sua, anche a costo di andare incontro ad un fallimento diplomatico che, per palazzo Chigi, sarebbe poi stato certamente gravido di imbarazzanti conseguenze a livello di politica interna. E a questo proposito, proviamo a pensare alle spietate critiche di servilismo trumpiano che sarebbero piovute addosso alla nostra premier, qualora l’esito della sua “toccata e fuga” in Florida non avesse prodotto i risultati sperati. Invece, per la nostra connazionale detenuta, le porte del famigerato carcere di Evin si sono finalmente spalancate con sorprendente velocità, grazie ad una provvidenziale carta bianca – niente affatto scontata – che la Meloni deve aver ottenuto sulla gestione della delicata questione che riguarda la – a questo punto probabilissima – liberazione dell’ingegnere iraniano, Moammhed Abeini: ossia dell’uomo dei droni, attualmente rinchiuso nel carcere di Opera.

La vicenda di Cecilia Sala induce a credere che Giorgia Meloni stia ponendo delle solide basi per quanto riguarda il futuro dei rapporti tra il nostro Paese e gli Stati Uniti. Rapporti che – così come piace a Trump – tendono spesso a privilegiare le affinità personali, rispetto ai tradizionali metodi della diplomazia ufficiale. Rapporti fondati anche sulla logica del “do ut des” , per cui c’è sicuramente da aspettarsi che, prima o poi, la Casa Bianca ci presenti il conto per il “nulla osta”che ci ha appena concesso. Pertanto, volendo utilizzare un linguaggio motoristico, potremmo dire che, in questo momento, Giorgia Meloni occupa la “pole position”, nel complicatissimo gran premio europeo per la fiducia di Donald Trump. E anche a voi, amici ascoltatori, non pare che – in uno scenario globale caratterizzato da un’America sempre più determinata a dettare le regole del gioco e da un’Europa resa, invece, così fragile dalle difficoltà di Francia e Germania – per “l’underdog” della Garbatella si possano adesso davvero aprire, a livello di peso politico internazionale, spazi di manovra finora mai esplorati da nessun altro governante italiano?

Credits Foto: Agenzia Fotogramma

10 Gennaio 2025

Scritto da: Redazione


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