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A cura di Ferruccio Bovio
Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha dettato le sue linee guida per ridisegnare il profilo della scuola italiana a partire dall’anno scolastico 2026/2027. E, tra le novità più rilevanti previste, spicca certamente quella del ritorno del latino nei programmi delle medie inferiori. Valditara si accinge, quindi, a rispolverare l’insegnamento della lingua di Virgilio e di Cicerone per cercare di fornire – almeno pensiamo noi – una risposta concreta agli allarmanti dati che sono emersi da una recente indagine dell’OCSE, che ha impietosamente rivelato come il 35% degli Italiani adulti, tra i 16 e i 65 anni, faticherebbero a comprendere anche le frasi semplici. Per affrontare questa emergenza educativa, il ministro si affida così alla reintroduzione del latino come materia curricolare a partire dal secondo anno, andando a recuperare – come da lui stesso dichiarato in un’intervista – “un vasto patrimonio di civiltà e tradizioni”, oltre alla “consapevolezza della relazione che lega la lingua italiana a quella latina”.
Su questo progetto di riforma dell’istruzione è subito calata la mannaia dei partiti di opposizione che – limitandoci alle parole pronunciate da Elly Schleyn – l’hanno definita “una visione fuori dal tempo, l’elogio di un passato che non può tornare”. Tuttavia, volendoci ancora soffermare proprio sull’insegnamento del latino, prendiamo favorevolmente atto di come esso stia conoscendo un periodo di riscatto e di rivalutazione anche in altri Paesi europei. In Inghilterra, ad esempio – secondo i dati forniti dal British Council – il suo gradimento presso gli studenti delle scuole primarie supera, notevolmente, quello riservato allo studio della lingua tedesca, mentre in Germania, nei programmi del ginnasio, il latino viene addirittura posto in alternativa con l’inglese e il francese come prima lingua obbligatoria.
Ed effettivamente, è difficile negare il fatto che la sintassi latina, vista la sua complessità, costringa chi la studia a seguire tipi di ragionamento particolarmente rigorosi e coerenti. Il latino non sembra, quindi, costituire solamente una forma di esercizio linguistico, ma pare anche caratterizzarsi come un valido allenamento mentale, indirizzato verso la formazione di un pensiero critico e verso l’acquisizione di un lucido metodo analitico. Metodo che, con la sua logica e la sua architettura, accompagnerà poi lo studente per tutta la vita, offrendogli importanti strumenti cognitivi che ne miglioreranno sia le capacità di critica, che quelle di discernimento. E voi, amici ascoltatori, siete favorevoli a una maggiore presenza del latino nei programmi di studio della scuola italiana?
Credits Foto: Agenzia Fotogramma
17 Gennaio 2025
Scritto da: Redazione
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