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A cura di Daniele Biacchessi
Ha ragione la senatrice Liliana Segre quando si chiede se il suo ricordo etico, morale, storico e umano dell’esperienza nei campi di sterminio sarà raccolto da altri quando lei non ci sarà più, oppure resterà solo qualche riga nei libri di Storia. Ad uno ad uno se ne stanno andando gli ultimi testimoni dell’Olocausto contro ebrei, deportati politici, militari, minoranze. Hanno passato gran parte della loro vita a raccontare. Alcuni di loro li ho accompagnati nelle scuole di tutta Italia. Così fragili, ma altrettanto forti, pronti a narrare ciò che hanno visto: il freddo, i viaggi nei carri bestiame, l’arrivo nei campi, la selezione, i capannoni putridi, il cibo fetido, le torture, le camere a gas. La forza della loro resistenza civile dovrebbe essere un esempio che vale per tutti. Invece nel mondo occidentale crescono e si affermano gruppi che si ispirano direttamente al nazismo e al fascismo. Odio, negazionismo, riscrittura della Storia sono i tratti che contrassegnano questo periodo.
Il Capo dello Stato Sergio Mattarella si reca ad Auschwitz nella giornata della memoria. Ed è una scelta di campo, simbolica. La premier Giorgia Meloni sostiene che la Shoah è abominio nazista con la complicità del fascismo e che le leggi razziali fuorono un’infamia. Maggioranza e opposizione lanciano appelli di buon senso, ma quella della memoria si dimostra una giornata non condivisa.
“L’Anpi non è più quella di una volta”, dice il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, annunciando di non voler partecipare alla giornata della memoria insieme all’associazione più rappresentativa dell’antifascismo italiano. La polemica ruota intorno alla parola “genocidio”, utilizzata per comparare ciò che accadde negli anni Quaranta al massacro dei palestinesi da parte del governo israeliano. Questa frattura dimostra ancora una volta che verità storica e giudizio politico non formano un pensiero e una memoria condivisi.
Credits Foto: Grok
28 Gennaio 2025
Scritto da: Redazione
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