ì
Giornale Radio La radio libera di informare
GR news La radio di notizie senza commenti e opinioni.
Dolce la Vita La radio musica pop di classe.
(Adnkronos)
L’Unione europea è ancora divisa in materia di difesa comune e soprattutto sul suo finanziamento, ma con la guerra in Ucraina e il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca il panorama interno sta decisamente cambiando. La riunione informale del Consiglio europeo di ieri, svoltasi al Palais d’Egmont a Bruxelles, segna un avvicinamento delle posizioni: come ha sintetizzato il primo ministro portoghese Luis Montenegro, su come reperire i fondi necessari alla difesa “tutti gli Stati membri sono avanzati” nella loro posizione, che “non è ancora consensuale”, convergendo sulla direzione di massima: “In primo luogo, essere rapidi. In secondo luogo, avere gli strumenti per essere rapidi, in particolare dal punto di vista finanziario”.
Dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è arrivata un’apertura significativa, a soli venti giorni dalle elezioni politiche in Germania: nell’Ue “c’è grande urgenza di aumentare la spesa per la difesa, e per questo servono prima di tutto più fondi pubblici – ha detto – sono disponibile a esplorare e userò tutta la gamma disponibile della flessibilità nel nuovo patto di stabilità e crescita, per consentire un significativo aumento nella spesa per la difesa”. La riunione è la prima “esclusivamente” dedicata alla difesa da quando è iniziata l’invasione dell’Ucraina, quasi tre anni fa: nei quattro anni della presidenza di Joe Biden i leader Ue, dopo aver tirato un sospiro di sollievo per la sconfitta di Donald Trump, non avevano mai sentito il bisogno di parlarne in maniera così approfondita.
Ora che Trump è tornato alla Casa Bianca, l’onda d’urto a Bruxelles è arrivata. Eccome. “Dobbiamo fare di più, meglio, in modo più forte, veloce e insieme”, esorta il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa. I leader, spiega, hanno convenuto di concentrarsi “sulle lacune più critiche tramite il lavoro dell’Agenzia europea per la difesa, in piena coordinazione con la Nato, focalizzandosi sulle aree in cui l’Ue offre un valore aggiunto evidente. Chiare priorità sono la difesa aerea e missilistica, missili e munizioni, mobilità militare e risorse strategiche”.
La riunione di ieri ufficializza il rapido declino, se non la definitiva scomparsa, del fronte dei Paesi Frugali, che all’epoca di Next Generation Eu si batterono fieramente per ottenere contropartite agli aiuti concessi ai Paesi meridionali più colpiti dalla pandemia di Covid-19, dando via libera dopo quattro giorni di summit e solo a fronte di sostanziosi ‘rebates’, sconti, sui contributi nazionali al bilancio Ue. I Frugali hanno perso tutto il fronte est, in particolare i Paesi Baltici che, direttamente minacciati dal ritorno dell’imperialismo russo, chiedono all’unisono forme comuni di finanziamento per la difesa.
Il presidente lituano Gitanas Nauseda, la premier lettone Evika Silina e il collega estone Kristen Michal si sono espressi nello stesso senso, aprendo esplicitamente a “prestiti congiunti” (Nauseda), “finanziamenti centrali” (Michal) ed emissione di “obbligazioni” (Silina) per finanziare la difesa del Vecchio continente. Il presidente lituano ha poi bocciato la linea della Commissione von der Leyen, che vorrebbe presentare un Libro Bianco, rinviando tutto al prossimo Quadro finanziario pluriennale 2028-2034. Le misure servono “oggi”, non “domani”, ha detto. Oggi mancava il premier olandese Dick Schoof, a causa di un’influenza, ma persino L’Aja, che pure vede come il fumo negli occhi idee quali un nuovo Next Generation Eu per la difesa, ha firmato, con altri 18 Paesi (tra cui figurano Italia, Francia e Germania) una lettera che invoca un ruolo maggiore per la Bei nei finanziamenti al settore.
Come ha osservato una fonte diplomatica europea, sarebbe opportuno che la Commissione rimuovesse ostacoli come gli obblighi Esg (ambientali, sociali e di governance), dato che finanziare la difesa è cosa diversa dall’investire nelle industrie “del porno o del tabacco”. Anche il cancelliere Olaf Scholz, a venti giorni dalle elezioni in Germania, ha detto che è “positivo che gli Stati membri europei stiano discutendo qui su come modellare il loro contributo nell’ambito della Nato in modo da essere ben posizionati e in grado di garantire la nostra sicurezza. È un grande progresso il fatto che almeno il 2% del Pil sia ora destinato alla difesa ovunque, e che alcuni Stati membri stiano ancora completando il percorso per rafforzare la capacità di sicurezza e difesa dell’Europa”. Il premier polacco Donald Tusk ha notato che Scholz ha un atteggiamento “molto più positivo” nei confronti della possibilità di finanziamenti comuni per progetti “portabandiera” dell’Ue, come per esempio la difesa del “confine orientale dell’Unione”, che è “interesse comune” proteggere.
Davanti a Donald Trump che continua a prendere l’Ue a martellate (ieri l’ha definita “un’atrocità”) e ne minaccia l’economia (i dazi arriveranno “assolutamente”), la risposta europea non è unitaria. Tutti si augurano di poter evitare una guerra commerciale con gli Usa, ma, al di là di questo, i toni usati dai leader sono piuttosto diversi. Per il presidente francese Emmanuel Macron, “se venissimo attaccati sulle questioni commerciali l’Europa, come potenza unita, dovrà farsi rispettare e quindi reagire”. E rilancia sul ‘buy European’ nel campo degli armamenti: i Paesi Ue, dice, “dovrebbero investire di più e avere una preferenza europea” nell’approvvigionamento di armi.
Macron, però, in questa posizione è abbastanza isolato. Per Donald Tusk, “sarebbe un paradosso crudele se, in un periodo in cui c’è una diretta minaccia russa e un’espansione cinese, con tutti questi pericoli cercassimo una ragione di conflitto tra alleati”. E aggiunge: “Dobbiamo fare di tutto per evitare guerre commerciali non necessarie e stupide”. Su come schivare una battaglia a colpi di dazi con gli Usa, i Paesi del fronte orientale un’idea ce l’hanno e ad esplicitarla è sempre il lituano Nauseda: una “possibile” area di collaborazione tra Ue e Usa, dice, è l’acquisto di “equipaggiamento militare” da Washington, in modo da creare una “agenda economica costruttiva, non distruttiva”.
In pratica, comprare armi americane, nella speranza di placare l’ira di Trump e di indurlo a non picchiare troppo duro con i dazi, temutissimi dalle imprese europee, visto che per molte gli Usa sono il primo mercato di esportazione. Neppure la Germania, sia pure con un cancelliere uscente, è d’accordo con Macron. Per Scholz “ci sarà un accordo tra gli Stati membri europei sullo sviluppo industriale congiunto dell’industria della difesa e, a mio avviso, questo includerà sempre la collaborazione con i nostri partner della Nato”.
Lo stesso segretario generale dell’Alleanza atlantica Mark Rutte, invitato a prendere parte alla riunione dei leader europei durante un pranzo di lavoro, evidenzia che nel campo della difesa la bilancia commerciale pende a favore di Washington per 180 miliardi: tutt’altra fotografia rispetto a quella trumpiana, secondo cui l’Ue “ci tratta molto male”, vendendo molto e comprando poco. E con gli aumenti previsti nei budget per la difesa “ci saranno un sacco di fondi in circolo”, spiega Rutte, dicendosi comunque sicuro che eventuali diatribe commerciali “non intaccherebbero la deterrenza collettiva” dei Paesi Nato.
Del resto, tra i Paesi con cui i leader Ue potrebbero creare una “coalizione dei volonterosi” per rafforzare la propria base industriale ci sono proprio gli Stati Uniti, assieme alla Norvegia e al Regno Unito. Anche il premier britannico Keir Starmer è stato invitato a partecipare ai lavori, in virtù dei legami industriali e non che legano il Regno Unito al resto del continente. L’idea della cena con il premier laburista è venuta a Donald Tusk, ha spiegato Costa, confessando di essere “molto geloso”, perché quella del suo predecessore è stata una “grande idea”. Da parte sua, Starmer ha sottolineato che nel quadro del ‘reset’ delle relazioni con l’Ue promesso dal suo governo ha perfettamente senso “iniziare con difesa e sicurezza”, elementi “molto importanti per i nostri interessi”, passando per l’allineamento Nato e il supporto congiunto all’Ucraina.
La volontà di ‘appeasement’ dell’Ue nei confronti di un Trump in piena offensiva mediatica è predominante, ma non si spinge fino a ‘mollare’ la Danimarca, il cui territorio autonomo della Groenlandia è tornato nelle mire (per ora verbali) del presidente americano, come già era successo durante il suo primo mandato. In mattinata la premier danese Mette Frederiksen ha ribadito che l’isola artica appartiene al Regno di Danimarca e che “non è in vendita”, chiedendo ai leader Ue di fare quadrato. Per il premier portoghese Luis Montenegro, tra i leader dell’Ue “c’è consenso” sulla questione della Groenlandia, tornata nelle mire di Donald Trump. Occorre, ha detto, “esprimere la nostra solidarietà” nei confronti della Danimarca e sostegno al “rispetto dell’integrità dei territori dei Paesi sovrani che compongono l’Unione Europea”. Costa ha sottolineato che l’Ue esprime “pieno sostegno” al Regno di Danimarca, ricordando agli Usa che “l’inviolabilità dei confini” è un principio che sta al “cuore dell’ordine internazionale” creato proprio da Washington dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Scritto da: Giornale Radio
Giornale Radio, la radio libera di informare.
Notizie del giorno: notizie di cronaca, di politica,notizie dal mondo, notizie sportive, di economia, di salute e tecnologia. Notizie di oggi in radio streaming, in WEB TV e in podcast.
Testata Giornalistica “Giornale Radio” Tribunale di Milano – Registro Stampa N° 141/2018 | Giornale Radio - Iscrizione al R.O.C. Registro Operatori della Comunicazione – Reg. n° 3359
Copyright ©2023 Luckymedia Srl - Società editoriale - P.IVA 02512190998
Commenti post (0)