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today4 Febbraio 2025
(Adnkronos)
Dazi, dazi, dazi: il momento della verità è arrivato e Trump “spara” vincoli commerciali in tutte le direzioni. La domanda è: può farlo? Non ci sono dei vincoli costituzionali che richiedono il placet del Congresso, o degli Stati che sono più colpiti dall’accetta della Casa Bianca, come ad esempio quelli che hanno i rapporti più stretti con il Canada? L’Adnkronos lo ha chiesto a Francesco Clementi, ordinario di diritto pubblico comparato alla Sapienza e gran conoscitore degli Stati Uniti: “Il presidente americano, lo dice l’articolo II, sezione 1, della Costituzione, è il titolare dell’intero potere esecutivo. Ha uno spazio immenso dal punto di vista della gestione del potere, una prerogativa che per noi europei è difficile da immaginare. E gli ordini esecutivi sono, per capirci, come dei decreti legge che non hanno bisogno di ratifica parlamentare e che non scadono dopo 60 giorni. L’unico limite che la costituzione impone è quello dei giudici: possono essere impugnati nelle corti federali”. I motivi di ricorso sono potenzialmente infiniti, ma ce ne sono due più importanti: il presidente non può legiferare su materie riservate al Congresso, né può danneggiare le prerogative degli Stati, che nel sistema federale Usa hanno un’ampia sfera di competenze.
L’uso dell’ordine esecutivo si è ampliato nel Novecento, in particolare dal Dopoguerra, e oggi è una costante: è uno dei pochi strumenti efficienti per governare un paese così grande, frammentato e in cui l’azione parlamentare è spesso paralizzata da veti incrociati e ‘filibuster’, l’ostruzionismo all’americana. In colloquio con l’Adnkronos, Francesco Clementi, ordinario di diritto pubblico comparato alla Sapienza, ha spiegato che “nel suo secondo mandato, Trump ne sta producendo una valanga, e molti sono anche ‘potenziati’ dalla base giuridica, cioè dalla legislazione emergenziale che dà al presidente ancora più margine su alcuni temi, come l’ambiente, l’energia, l’immigrazione e la sicurezza nazionale”. Questa legislazione amplia le prerogative del presidente, e permette di bypassare il parlamento e di rendere più “resistenti” gli ordini esecutivi davanti a eventuali appelli.
Che non mancano: la norma trumpiana che mette fine allo ius soli “totale”, e impedisce ai figli di migranti senza documenti nati negli Stati Uniti di diventare cittadini americani, dopo soli tre giorni è stata sospesa in via cautelare da un giudice federale di Seattle. A presentare ricorso sono stati 22 stati (a maggioranza democratica), perché secondo il procuratore generale del New Jersey “il presidente ha molto potere, ma non è un re. Non può riscrivere la costituzione con un tratto di penna”. Il riferimento è al 14° Emendamento che prevede la cittadinanza automatica per chiunque nasca sul suolo americano. Secondo il professor Clementi, “non è una sconfitta per Trump: questa impugnazione arriverà fino alla Corte Suprema, e lo stesso percorso dovranno affrontare altri ordini esecutivi. I tempi non sono brevi, e il presidente ha una sola data in mente: il 3 novembre 2026. Quel giorno si voterà per le elezioni di midterm, e nel frattempo da una parte avrà dimostrato agli elettori repubblicani di aver mantenuto le sue promesse elettorali, dall’altra userà i ricorsi come arma politica, così come ha fatto con i processi contro di lui”.
La Corte Suprema a maggioranza conservatrice farà ‘passare’ tutte queste norme? “Non darei nulla per scontato”, risponde il costituzionalista, “sia perché i giudici, eletti a vita, non sono vincolati alle promesse elettorali dei singoli presidenti. Sia perché su alcune materie non c’è un fronte così compatto tra i repubblicani. Sui dazi e le politiche protezionistiche, per esempio, è difficile che qualche membro del Congresso si metta espressamente di traverso, soprattutto in queste prime settimane di mandato, perché tutti i deputati e una parte dei senatori dovranno ricandidarsi per le midterm ed è fondamentale il sostegno presidenziale. Tuttavia non si può escludere che, negli Stati a guida repubblicana – ad esempio quelli di confine con Canada e Messico, che hanno un bilancio più importante pari o superiore a quello di alcuni Stati europei – qualche governatore repubblicano non trovi l’uso dei dazi molto dannoso per l’economia degli Stati che appunto loro guidano. E poi nel caso della Corte Suprema, potremmo assistere a decisioni che non avallano completamente le scelte di Trump”. Come in effetti è successo con TikTok: il presidente aveva chiesto alla Corte di sospendere il ‘ban’, ma i giudici lo hanno confermato. Ora con un ordine esecutivo il presidente ha reso inefficace la norma del Congresso che stabiliva il destino della piattaforma cinese. Altro pane per i denti (affilati) degli avvocati americani. (di Giorgio Rutelli)
Scritto da: Giornale Radio
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