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today14 Luglio 2023 14
A cura di Ferruccio Bovio
Il voto al Parlamento europeo sulla Legge per il Ripristino della Natura porta alla luce le fratture che, ormai da diverso tempo, albergano all’interno della cosiddetta “maggioranza Ursula”. Infatti, solo la defezione di ventuno esponenti del Partito Popolare Europeo – rispetto a quella che era stata l’indicazione di voto partita dal capogruppo del PPE, Manfred Weber – ha salvato e rimandato al giudizio finale del Consiglio europeo la legge in questione, facendo però emergere un elemento di novità impossibile da ignorare: e stiamo parlando di come il gruppo dei Socialisti e Democratici e quello del Partito Popolare Europeo – pilastri sui quali si appoggia la Commissione presieduta da Ursula von der Leyen – appaiano oggi profondamente divisi sui grandi disegni strategici che dovrebbero definire la fisionomia dell’Europa che verrà. Ciò lascia prevedere che i mesi che ci separano ancora dal rinnovo del Parlamento di Strasburgo nel 2024 saranno soggetti a non poche oscillazioni telluriche.
Vi segnaliamo che la proposta di legge sul ripristino della natura è stata, fin da subito, avversata da quasi tutte le organizzazioni dell’agricoltura e della pesca, nella parte in cui prevede di destinare porzioni di terreni coltivati e di fiumi alla ricostruzione di ecosistemi, sottraendoli, in tal modo, alle attività agricole, zootecniche e ittiche. Per fortuna di questi settori economici, l’Aula di Strasburgo – grazie anche all’azione di diversi europarlamentari italiani – ha approvato pure alcuni emendamenti che cancellano l’obbiettivo di ridurre del 10% la superficie agricola produttiva ed introducono, al tempo stesso, il riferimento al rispetto del principio di reciprocità per i prodotti importati. Vengono così presi in considerazione numerosi dubbi che erano stati avanzati dai Paesi maggiormente agricoli, nel timore che una visione troppo rigida della normativa sul ripristino della natura potesse comportare, oltre a pesanti riduzioni del potenziale produttivo, anche un significativo aumento delle importazioni (da Paesi terzi) di alimenti meno garantiti per la salute dei consumatori.
È ovvio che ripristinare gli ecosistemi in cattive condizioni è una finalità che rientra senz’altro nell’interesse di tutti (imprenditori agricoli ed ittici compresi): tuttavia è auspicabile che la Commissione europea, d’ora innanzi, valuti a fondo anche gli effetti collaterali di ciò che propone, evitando di lasciarsi prendere troppo la mano da posizioni ideologiche che, sottraendo terreni produttivi alla disponibilità degli agricoltori e vietando la pesca su migliaia di chilometri su percorsi fluviali, rischiano essenzialmente di compromettere la sovranità alimentare europea, esponendola ad una inaccettabile dipendenza da mercati esteri che, tra l’altro, del nostro Green Deal se ne infischiano beatamente.
Scritto da: Giornale Radio
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