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today6 Maggio 2023 7
A cura di Ferruccio Bovio
Il generale libico Kalifa Haftar è stato due giorni a Roma dove ha incontrato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ed il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Per chi non lo ricordasse o non lo conoscesse ancora, l’ex ufficiale dell’esercito di Gheddafi già circa tre anni fa aveva manifestato apertamente quale fosse il suo atteggiamento nei confronti del nostro Paese, sequestrando per oltre tre mesi 18 pescatori di Mazara del Vallo: ma questo è niente se accostato alla condanna per crimini contro l’umanità che gli è stata inflitta in contumacia da un tribunale americano per le atrocità commesse dai suoi soldati durante la seconda guerra civile libica dal 2019 al 2020. Spintosi, infatti (con l’immancabile supporto dei mercenari russi della Wagner), fino alle porte di Tripoli per rovesciare il Governo ufficialmente riconosciuto dall’ONU, quello che era allora considerato da tutti come “l’uomo forte della Cirenaica” dovette poi però scoprire amaramente di non essere davvero così “forte” quando, a sostegno delle milizie tripolitane, arrivarono armi e tecnici militari dalla Turchia che lo costrinsero ad una rapida ed ingloriosa ritirata. Ritirata che però fu costellata dalla diffusione di fosse comuni che, ogni tanto, vengono scoperte ancora oggi.
Ciò nonostante, l’Italia mantiene un suo consolato a Bengasi – capoluogo della Cirenaica e roccaforte di Haftar – e sta cercando adesso di definire un accordo con l’imbarazzante interlocutore, nel tentativo di fermare i flussi dei migranti che provengono dalla Libia. Non a caso, dei sedicimila disperati che hanno già lasciato quest’anno le coste libiche per tentare l’approdo nel nostro Paese, ben diecimila sono partiti proprio dalla Cirenaica, sebbene questa sia la zona della Nazione nord africana più distante dai nostri litorali e, quindi, teoricamente meno indicata. Pertanto, se gli scafisti stanno eleggendo la Cirenaica quale punto privilegiato di partenza per le loro imbarcazioni, la cosa significa essenzialmente che le forze di sicurezza locali chiudono volentieri un occhio (o anche due) quando si tratta di concludere affari coi trafficanti di esseri umani.
Il generale Haftar che ha appena lasciato la nostra Capitale è certamente un uomo molto meno autorevole rispetto ad un recente passato, ma non ha affatto perduto la sua tendenza ad approfittare di tutti i mezzi di cui dispone per farsi valere. E si sa che in Libia la soglia che separa la sfera di influenza della malavita (che sfrutta cinicamente la disperazione della gente) da quella del potere politico non sempre è così ben delineata.
Non eravamo presenti al colloquio tra Meloni e Haftar e, quindi, non possiamo sapere con esattezza cosa si siano detti, ma non ci vuole molto ad immaginare che, nei prossimi mesi, l’impegno italiano nei riguardi del leader della Cirenaica dovrà essere molto concreto.
Scritto da: Giornale Radio
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