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today24 Aprile 2023 2
A cura di Ferruccio Bovio
Se ne era discusso parecchio nei mesi scorsi, poi l’idea di conferire a Luigi Di Maio l’incarico di Inviato Speciale dell’Unione Europea per il Golfo Persico era sembrata perder consistenza, per via delle critiche – spesso feroci e spietate – alle quali la candidatura era stata esposta. Invece, quando ormai non ne parlava più quasi nessuno, è giunta improvvisamente, da parte dell’Alto Rappresentante per la politica estera di Bruxelles, Joseph Borrell, una lettera – indirizzata al Comitato politico e di sicurezza dei 27 Paesi membri – nella quale il nome dell’ex ministro degli Esteri del governo Draghi veniva indicato come il più idoneo a ricoprire la prestigiosa carica. Il mandato scatterà dal prossimo giugno ed avrà termine alla fine del febbraio 2025.
Si sa che la candidatura Di Maio, fin dalla sua prima presentazione, ha sempre potuto contare sull’autorevolissimo sostegno di Mario Draghi, tuttavia, considerata anche la svolta politica impressa dalle elezioni del 25 settembre scorso, era parso che le sue possibilità di concretizzarsi fossero destinate a ridursi notevolmente, essendo, tra l’altro, l’uomo di Pomigliano ormai inviso a tutte le forze politiche nazionali, compresi i suoi vecchi amici pentastellati. In realtà però, a ben vedere, l’esecutivo Meloni al di là di qualche commento sarcastico non si è mai spinto, ma soprattutto si è sempre astenuto dall’opporsi ufficialmente alle intenzioni manifestate dai vertici della politica estera comunitaria: d’altra parte, non si tratta di una scelta di competenza di Palazzo Chigi e, quindi, l’attuale responsabile della Farnesina, Antonio Tajani, ha in passato potuto liquidare sbrigativamente il problema, dichiarando che avrebbe dovuto essere Borrell ad assumersi ogni responsabilità in merito… anche se quella legata alla figura di Luigi Di Maio non era certamente una proposta avanzata dal Governo italiano.
Ad agevolare le cose per quel giovanotto che Draghi era solito definire “my young friend”, ci si è messa senz’altro anche la fortuna, poiché la vicinanza alla ONG di Antonio Panzeri (coinvolta nel Qatargate) dell’altro candidato più accreditato – e cioè l’ex commissario europeo Dimitris Avramopoulos – ha indiscutibilmente ridimensionato le quotazioni del politico greco, aprendo di fatto una strada tutta in discesa per l’ambizioso giovanotto campano.
D’altronde, come spesso si dice, “la fortuna aiuta gli audaci”: e chi può dire che il percorso di un ragazzo che, nel giro di neanche dieci anni, passa dalla vendita di bibite allo stadio San Paolo alla vice presidenza del Consiglio ed ora anche a rappresentare l’Europa con la grande finanza petrolifera, non sia stato guidato – oltreché dalla buona sorte – anche da una notevolissima ( e magari avventuristica) dose di audacia?
Scritto da: Giornale Radio
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