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today17 Aprile 2023 15
A cura di Ferruccio Bovio
Come è ormai noto, la partecipazione di Pietro Orlandi, fratello della sventurata Emanuela, ad una trasmissione televisiva ha destato grande scalpore per la sensazionalità delle affermazioni da lui fatte in merito alla condotta morale di alcuni tra i maggiori esponenti del Vaticano degli Anni 80, compreso addirittura il pontefice dell’epoca: e vale a dire quel Giovanni Paolo II° che è stato santificato nel 2014. Non stiamo qui adesso a ripetere le opinioni che, su questa vicenda, abbiamo già espresso la settimana scorsa, ma ci soffermiamo, invece, sull’estrema cautela con la quale la Santa Sede sta affrontando la spinosissima questione. A stupirci è, infatti, il silenzio assoluto che ha accompagnato le dichiarazioni rilasciate dall’Orlandi: dichiarazioni che – almeno a lasciarsi guidare da un minimo di buon senso – appaiono talmente stupefacenti da rasentare l’allucinazione. Eppure, prima della tardiva solidarietà nei confronti del suo predecessore manifestata solo ieri da papa Francesco in occasione dell’Angelus, a prendere le difese di Karol Wojtyla si è distinto esclusivamente il suo storico segretario – cardinale Stanislao Dziwiz – il quale ha definito “criminali” le parole pronunciate dal fratello di Emanuela. Come mai nessun’altra voce si è levata a smentire insinuazioni che, se dovessero realmente trovare conferma, varcherebbero clamorosamente la soglia dell’immaginabile?
Il Vaticano ha deciso di fare luce fino in fondo su questo inquietante enigma che si trascina ormai esattamente da quarant’anni: ed a questo proposito, l’agenzia Vatican News chiarisce che l’autorità giudiziaria dello Stato Pontificio ha ricevuto, dallo stesso papa Bergoglio, un mandato pieno ad indagare ogni pista possibile per cercare la verità sul caso di Emanuela. Compresa quella che viene indicata dall’audio di un esponente della banda della Magliana che chiama direttamente in causa proprio il papa polacco. Tuttavia, dinanzi alla richiesta, avanzata dal magistrato che conduce l’inchiesta, circa la natura delle fonti dalle quali Pietro Orlandi avesse attinto le sue informazioni, sia il diretto interessato che la sua legale, Laura Sgrò, hanno ritenuto di non dover rispondere, rimanendo nel vago oppure appellandosi al segreto professionale. Strano perché proprio l’avvocato Sgrò, nei mesi scorsi, aveva più volte lamentato di non essere mai stata convocata in Vaticano per fornire il suo contributo agli sviluppi dell’indagine…e quando, finalmente, le viene offerta l’opportunità di collaborare con il magistrato, sceglie di trincerarsi dietro lo schermo del segreto professionale, senza chiarirne bene la ragione.
Pertanto, in attesa di assistere a nuovi ed ulteriori colpi di scena, cominciamo a pensare che il mistero di Emanuela Orlandi sia destinato a rimanere tale anche per i prossimi quarant’anni.
Scritto da: Giornale Radio
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