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A cura di Ferruccio Bovio
Il Parlamento Europeo, subito dopo aver decretato lo stop alla produzione di auto a combustione interna entro il 2035, prosegue nel suo dirigismo green, imponendo ai cittadini europei di rinnovare le proprie abitazioni in tempi che, per molti di essi, saranno ben difficilmente sostenibili.
Naturalmente siamo tutti favorevoli agli obbiettivi che l’Unione Europea si è posta relativamente al completamento di una transizione ecologica che si rende ormai indispensabile, tuttavia alcuni di noi possono esserlo meno per quanto riguarda, invece, le modalità di attuazione di questo grande piano di trasformazione epocale.
È giusto, ad esempio, obbligare la gente ad adottare particolari innovazioni tecnologiche o ad acquistare determinati beni? Non si corre, in tal modo, il rischio di provocare una crescita esponenziale della loro domanda, facendone lievitare inevitabilmente i prezzi? Non ha insegnato nulla l’esperienza del nostro superbonus che ha visto i costi dell’edilizia salire alle stelle, quando un esercito di proprietari di immobili – allettato dagli straordinari incentivi – si è precipitato a cercare un’impresa alla quale affidare urgentemente l’efficientamento della propria abitazione? Non pensa il Parlamento Europeo che una situazione analoga a quella appena verificatasi nel nostro Paese sarebbe destinata a riprodursi su scala continentale, qualora dovessero davvero trovare una ferrea applicazione le sue recenti disposizioni? Sembra, quindi, mancare al vento verde che spira forte da Bruxelles una ragionevole componente di gradualità: in fondo, storicamente, tutte le innovazioni tecnologiche si sono sempre affermate spontaneamente, non per imposizione, ma nel momento in cui il mercato ha cominciato a valutarle come utili e convenienti.
Inoltre, chi se la sente di stabilire che le tecnologie di cui disponiamo oggi siano destinate ad essere le più valide e le più vantaggiose anche nel medio/lungo periodo? Ed a questo proposito, proviamo a pensare in che condizioni si troverebbe oggi l’Europa se, una ventina di anni fa, una norma emanata da Strasburgo l’avesse obbligata a ristrutturare tutto il suo patrimonio immobiliare sulla base delle conoscenze tecnologiche che si avevano allora: non ci sarebbe adesso da rifare tutto da capo?
Siamo sicuri che, al momento, non esistano soluzioni almeno parzialmente alternative, ma pur sempre in grado di integrarsi con i programmi più ambiziosi, attenuandone però l’onerosità? L’opzione che, per cause di forza maggiore, siamo stati un po’ tutti persuasi a seguire quest’inverno (e cioè la riduzione delle temperature nei nostri termosifoni) è il primo esempio che ci viene in mente per indicare un percorso che, sulla strada che porta ad una società meno energivora, sappia comunque tenere conto anche delle esigenze di chi quei 60.000 euro – mediamente calcolati dal Codacons per la riqualificazione energetica di un’abitazione – proprio non li ha.
Scritto da: Giornale Radio
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