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A cura di Ferruccio Bovio
Nel riprendere il discorso, interrotto ieri, su questi ultimi dieci giorni di campagna elettorale, non possiamo che trarre, senz’altro, delle lamentose conclusioni, pensando ai limiti di una legge che, come il tanto (e forse giustamente) bistrattato “Rosatellum”, consente ai partiti – che pure compongono una stessa coalizione – il massimo della concorrenza tra di loro, nella consapevolezza che comunque, alla fine, pur di governare, i voti ottenuti, anche su programmi molto diversi, andranno obbligatoriamente a sommarsi, senza fermarsi troppo a sottilizzare.
Dopo il 25 settembre, è ovvio che un governo, in un modo o nell’altro, bisognerà pur farlo ed allora ribadiamo che, per quello che riguarda il centrodestra – come si è già detto ieri – verrà probabilmente a galla tutta una serie di contraddizioni di assoluta rilevanza sia sul piano geopolitico, che su quello economico o delle riforme istituzionali.
Se andiamo, invece, a guardare a cosa bolle in pentola nel centro sinistra, destinato – stando almeno ai sondaggi – a subire una sonora sconfitta, la situazione, in una certa qual misura, appare paradossalmente già molto più chiara, anche se rassegnata. Non a caso – riferendosi proprio alla coalizione composta dal PD, da + Europa, da Sinistra e Verdi e da altre sigle minori – Enrico Letta ha dichiarato che lui a governare con la sinistra di Fratoianni e con l’ecologismo duro e puro di Bonelli non ci pensa affatto. E la cosa, vista sul piano strettamente politico, è più che comprensibile, dal momento che si sta parlando di uno schieramento elettorale che cerca di far convivere posizioni tradizionalmente conflittuali tra di loro, quali sono quelle che sono espressione di un riformismo liberale con altre che, invece, si rifanno a più lontane esperienze storiche di matrice massimalista. È però strano, che il segretario del PD un’affermazione del genere l’abbia fatta proprio mentre è ancora in pieno svolgimento la campagna elettorale…In sostanza, Enrico Letta dice, a chiare lettere, che il centro sinistra ha già rinunciato in partenza a porsi come possibile alternativa di governo, puntando al massimo a ridimensionare il quasi certo successo dello schieramento avversario ed accontentandosi semplicemente di complicare un po’ di più il compito di Giorgia Meloni o di chi, comunque, cercherà di dare vita ad un esecutivo di destra….
Francamente, non ricordiamo una campagna elettorale che, dalla nascita della Seconda Repubblica in poi, si sia caratterizzata per tanto pressapochismo… È, infatti, dal 1994 che le coalizioni guidate da Berlusconi si scontrano con quelle formate dagli antiberlusconiani, prospettando soluzione di governo tutte discutibili, ma almeno ben distinte ed alternative tra di loro.
Il rischio di una caotica ingovernabilità in cui non si capisce bene chi sta con chi o contro cosa, sembra, pertanto, elevatissimo, anche nel caso in cui la destra ottenga un buon risultato elettorale. Ma a complicare i giochi, al fotofinish, potrebbe concorrere anche un’ulteriore incognita che incombe su entrambi i maggiori competitors: cosa succederebbe, infatti, se il forte recupero di cui, soprattutto nel Mezzogiorno, sembrano essere protagonisti i 5 Stelle di Giuseppe Conte, impedisse persino il formarsi di una qualsiasi maggioranza numerica, sia essa di destra o di sinistra? Forse a Mario Draghi incominciano a fischiare le orecchie.
Written by: Giornale Radio
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