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A cura di Ferruccio Bovio
Tra i temi che vengono dibattuti in questa nervosa campagna elettorale sembra destare poche attenzioni quello relativo alla questione sanitaria nazionale.
Dopo aver passato mesi e mesi a criticare la presunta inadeguatezza rivelata dalle nostre strutture ospedaliere durante la fase più drammatica della pandemia, pare sinceramente strano dover adesso osservare come le forze politiche tendano, sostanzialmente, a relegare l’argomento sanità ai margini del dibattito elettorale. Eppure, il tipo di organizzazione della salute verso la quale il Paese sta muovendosi dovrebbe figurare tra le principali priorità contenute nelle agende di tutti i partiti. Quale è l’idea – ammesso e non concesso che ci sia – che la politica italiana si è fatta circa la sanità che intende modellare per il futuro? E’ vero che oggi ci sono problemi di sopravvivenza energetica che, nell’immediato, possono apparire più urgenti di altri, ma forse sarebbe bene non sottovalutare nemmeno la situazione che si verrebbe a creare qualora, ai sia pur gravissimi problemi di sopravvivenza economica, il covid tornasse nelle nostre case per aggiungerne anche altri di sopravvivenza biologica…
Il Servizio Sanitario Nazionale, tra la fine degli Anni 70 e gli inizi degli Anni 80, ha rappresentato una delle più incisive e provvidenziali riforme di tutta la nostra storia: tuttavia, si può forse anche dire che proprio i notevolissimi risultati da esso inizialmente ottenuti, siano oggi, in una certa qual misura, paradossalmente all’origine del momento di difficoltà che il Servizio stesso sta attraversando. L’avere, infatti, contribuito in maniera determinante all’allungarsi delle aspettative di vita, ha fatto sì che oggi il Paese sia abitato da un altissimo numero di anziani, la cui assistenza medica richiede, di conseguenza, una disponibilità finanziaria che, negli ultimi anni, è, invece, venuta sempre più scarseggiando. E purtroppo, per ovviare a questo tipo di carenze economiche, Stato e Regioni si sono spesso orientati proprio verso una politica di tagli drastici alla sanità pubblica. Tagli che, sia chiaro, sono strabenedetti quando si tratta di eliminare sprechi ed arricchimenti personali, ma che – come è ovvio – non possono in alcun modo costituire, a medio/lungo termine, uno strumento credibile se si vuole procedere sul percorso dell’efficienza e del continuo aggiornamento scientifico e tecnologico. Che fare, dunque, per ottimizzare la spesa sanitaria, senza compromettere la salute e la sicurezza dei cittadini? Forse la soluzione potrebbe essere quella di cercare di edificare un sistema sanitario che non fosse più necessariamente basato sul ricorso sistematico agli ospedali per qualsiasi tipo di evenienza, ma che favorisse, invece, l’affidamento degli interventi meno complessi o delicati ad una medicina di prossimità adeguatamente rilanciata. La razionalizzazione della spesa sanitaria potrebbe, quindi, partire dal potenziamento della figura e della funzione del medico di famiglia il quale, grazie alla sua presenza costante sul territorio, conosce a fondo il paziente sia nella sua personalità, che nelle sue patologie ed è, quindi, in grado di indicargli, meglio di chiunque altro, le terapie più indicate da seguire.
Written by: Giornale Radio
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