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A cura di Ferruccio Bovio
Come abbiamo appreso, negli ultimissimi giorni, sulla questione della vendita di Ita Airways si è verificata una svolta che ha sorpreso un po’ tutti gli addetti ai lavori: il ministero dell’Economia e delle Finanze ha, infatti, deciso di avviare “un negoziato in esclusiva con il consorzio formato da Certares, Delta Air Lines e Air France-Klm”, la cui offerta “è stata ritenuta maggiormente rispondente agli obiettivi fissati dal Governo”.
Si è trattato, indubbiamente, di un autentico colpo di scena, visto che da mesi si era data per favorita la cordata rivale: quella cioè costituita dal binomio Lufthansa – Msc (il colosso armatoriale che fa capo a Gianluigi Aponte).
Per valutare quali siano le proposte contrattuali che hanno fatto pendere l’ago della bilancia dalla parte dell’offerta franco-americana, occorre analizzarne sia le previsioni di impegno economico, che la disponibilità a definire le partecipazioni nella Società. Innanzitutto, per entrambi i concorrenti, Ita Airways vale al massimo un miliardo di euro: solo che i franco – americani si sono dichiarati interessati al 55% dell’ex Alitalia per un controvalore di 600 milioni di euro, mentre Msc-Lufthansa mirava a rilevare l’80% del capitale (suddiviso tra il 60% di Msc ed il 20% di Lufthansa) per 850 milioni di euro. Posto dinanzi a queste due opzioni così differenti tra di loro, il Governo si è trovato nella condizione di dover decidere se conservare una partecipazione del 45% (soluzione che, evidentemente, ha privilegiato) oppure accontentarsi del solo 20%. Inoltre, sembra che l’offerta avanzata dal grande fondo di investimento americano Certares conceda allo Stato italiano due membri del Consiglio di Amministrazione su cinque con ampi poteri di veto sulle scelte industriali e strategiche e la possibilità di nominare il presidente.
Speriamo, a questo punto, di non dover rivivere l’esperienza del 2008, quando il governo sfiduciato di Prodi (che aveva già quasi raggiunto una piena intesa con Air France – Klm per la cessione di Alitalia), a pochi giorni dalle elezioni di metà aprile 2008, vide sfumare l’affare, dinanzi alla netta opposizione di Silvio Berlusconi, secondo il quale la Compagnia avrebbe dovuto restare in mano ad azionisti italiani. Ricordiamo tutti come andò poi a finire: non appena ritornato a Palazzo Chigi, il Cavaliere di Arcore promosse la formazione di una cordata nazionale, da lui definita quella dei “capitani coraggiosi”, che, nel giro di pochi mesi passati alla gestione di Alitalia, riuscirono nell’impresa di bruciare un aumento di capitale di un miliardo di euro….Una situazione – quella di allora – che assomiglia terribilmente a quella odierna, anch’essa caratterizzata dalla presenza di un governo dimissionario, al quale sono già pervenuti autorevoli moniti (vedi, ad esempio, Giorgia Meloni) a non agire ed a passare di mano, in attesa che se ne occupi il nuovo esecutivo che nascerà dopo il 25 settembre. Per questo motivo Mario Draghi, deciso a non lasciare il problema irrisolto, ha voluto inviare ai partiti un messaggio molto preciso, dichiarando che, su Ita, è stato impostato un lavoro che può dare una prospettiva alla Compagnia, poiché l’esperienza insegna che l’unica strada possibile non è certo quella delle nazionalizzazioni.
Credits: Agenzia Fotogramma
Written by: Giornale Radio
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