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today21 Luglio 2022
A cura di Ferruccio Bovio
In queste ore ci stiamo domandando se, in Italia, stia nascendo, a prescindere dalle intenzioni del diretto interessato, un partito che faccia riferimento a Mario Draghi. Non ci risulta, infatti, nella storia della nostra Repubblica, il verificarsi di un fenomeno che abbia visto, nell’ambito della società civile, il consolidarsi di uno schieramento così ampio e trasversale a favore di un Presidente del Consiglio, per indurlo a non rinunciare alla sua opera governativa, ricordandogli che il Paese ne ha un assoluto bisogno. Questo potenziale partito draghiano nascerebbe in modo del tutto spontaneo e si radicherebbe in maniera capillare in tutte le fasce della nostra società. Non stiamo qui ad elencare tutte le petizioni e tutti gli appelli che, ad ogni livello, sono spuntati un po’ come dei funghi in ogni contesto economico e sociale: tuttavia, non si può ignorare che si è trattato di iniziative proposte da prestigiosi esponenti dell’economia, della cultura e della scienza i quali, pensano al futuro della nazione come ad un percorso caratterizzato da competenza politica e da credibilità internazionale, anziché da liti da condominio e da interessi prettamente elettorali.
Un sondaggio di Euromedia Research rivela che, proprio in questi giorni di crisi, la fiducia in Draghi è cresciuta di 4,5 punti, passando dal 47,8 al 52,3 per cento: gli Italiani chiedono, quindi, al premier di rimanere al suo posto di comando perché temono che il suo distacco da Palazzo Chigi possa provocare uno sconquasso sui mercati con pesanti ripercussioni materiali sulla vita di ogni cittadino. Naturalmente, tutti i cimiteri sono pieni di uomini indispensabili ed a questo proposito, neanche Mario Draghi fa eccezione…Però, in una fase di profonde incertezze di ogni genere – come quella che non solo l’Italia, ma l’Europa intera sta attraversando – il fatto di rimanere senza un governo autorevole sarebbe (o sarà) un colpo durissimo alla affidabilità ed all’immagine del nostro Paese. Basterebbe riflettere sul fatto che esiste un rischio molto concreto che vada compromesso lo sviluppo di tutto il lavoro sul Pnrr attualmente in corso (e, comunque, già impostato), per comprendere come l’affossamento della legislatura rappresenti una sorta di inspiegabile suicidio collettivo…
Pertanto, non ci pare cosa poi tanto strampalata immaginare che, già a partire dalle prossime elezioni, possa materializzarsi una forza politica che, programmaticamente, pensi proprio al premier dimissionario per governarci anche dal 2023 al 2028. E non a caso, Carlo Calenda ripete spesso “noi vogliamo Mario premier nel 2023”.
Crediti: Agenzia Fotogramma
Written by: Giornale Radio
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