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A cura di Ferruccio Bovio
Giuseppe Conte, nonostante si sia trovato – neanche lui sa bene come – a guidare il Paese per circa tre anni, era e resta un neofita della politica che adesso, essendosi incautamente posto alla testa del Movimento al quale politicamente deve tutto, mostra segni di palese inadeguatezza rispetto ai compiti che, solitamente, incombono su un leader di partito.
Intorno a lui si agitano le acque pentastellate con Virginia Raggi che si dice stia organizzando una fronda per mettere da parte, in maniera definitiva, l’uomo che, nel 2018, da perfetto sconosciuto aveva assunto la carica di Presidente del Consiglio, presentandosi agli Italiani – con un’umiltà che allora parve sincera – qualificandosi come l’ “avvocato del popolo”. Certo, l’ex sindaco di Roma interpreterebbe molto meglio di Conte la parte della dura e pura, della Masaniello che riporta quel poco che resta dei 5 Stelle alle loro confuse origini populiste ed alle carnevalate del “vaffa day”. Se poi, ad affiancarla arrivasse anche Di Battista, il restyling grillino sarebbe davvero completato.
Se andiamo a rivedere i passi falsi compiuti da Conte negli ultimi mesi, non possiamo che constatare come egli non ne abbia più azzeccata nemmeno una…Intanto aveva sottovalutato il seguito parlamentare di Luigi Di Maio, ipotizzando che, tra Senato e Camera, il ministro degli Esteri riuscisse a mettere insieme al massimo una ventina di persone che, invece, si sono poi rivelate 62. Successivamente, prima di portare il suo affondo a Draghi, non ha preso in considerazione il fatto che non tutti i ministri grillini presenti nell’esecutivo lo avrebbero seguito; inoltre, proprio a causa della pistola scarica che giovedì scorso ha puntato verso il Governo, l’ex premier rischia oggi di andare ad infoltire il gruppo di Di Maio con un’altra trentina di parlamentari che, giunti a questo punto, non ne vogliono più sapere di stare con lui.
Per non parlare delle perplessità che sta suscitando il suo recentissimo sfogo verbale, nel quale ha fatto un’affermazione veramente inedita nella storia repubblicana: non avevamo, infatti, mai sentito, prima d’ora, un leader di partito che toglie la fiducia al governo “per le umiliazioni subite”. In altre parole, perché si ritiene offeso personalmente. Conte, con i suoi atteggiamenti, è, dunque, riuscito nella non facile impresa di creare uno schieramento compatto e favorevole alla permanenza di Draghi a Palazzo Chigi, che va dall’Unione Europea agli Stati Uniti, dai grandi media internazionali al Vaticano, dalle parti sociali ai sindaci dei maggiori comuni…
In conclusione, vittima del proprio pressapochismo, l’ex premier ricorda, in questo momento, quel giocatore di poker che, mentre sta perdendo tutto, rilancia sempre più in alto nel disperato tentativo di recuperare il denaro perduto.
Crediti: Agenzia Fotogramma
Written by: Giornale Radio
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