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A cura di Ferruccio Bovio
Papa Bergoglio, dopo aver prudentemente evitato di pronunciarsi in modo aperto sulla questione ucraina nei primissimi giorni del conflitto, sembra adesso abbandonare ogni cautela diplomatica in favore di una presa di posizione molto più chiara.
Già domenica scorsa, durante l’Angelus, aveva affermato che, quando si parla di Ucraina, “non si tratta solo di un’operazione militare ma di guerra che semina morte, distruzione e miseria”. Dopo di che, alle parole, il Pontefice ha fatto immediatamente seguire i fatti con l’avvio di una complessa operazione diplomatica, che comprende anche l’invio di due importanti cardinali a Kiev per cercare di capire se esistano ancora dei percorsi di mediazione rimasti fino ad oggi inesplorati. Anche se la prima e quasi inevitabile conseguenza di questa iniziativa ufficiale del capo della Chiesa cattolica sarà quella di compromettere l’apertura di un dialogo che, ultimamente, era parso poter nascere tra il vescovo di Roma ed il patriarca ortodosso di Mosca Kirill, con il quale era forse in programma persino un incontro personale entro l’estate, ma che ora, dopo il suo recente sermone di pieno appoggio alla politica estera del Cremlino, diventa per il Vaticano un interlocutore piuttosto scomodo e, pertanto, da riconsiderare soltanto in un secondo momento. Il patriarca di Mosca ha, infatti, espresso opinioni molto lontane da quelle che solitamente compaiono nei discorsi di Mario Bergoglio, avendo dichiarato, con assoluta convinzione, che in Ucraina è in corso un’azione militare moralmente giusta, poiché serve a contrastare l’attacco condotto da forze del male ben individuate e guidate dalla potente lobby omosessuale che si propone di oscurare i tradizionali valori cristiani. Una visione manicheistica delle cose che, applicata in questo caso ad una situazione bellica, comporta, quindi, una vera e propria contrapposizione tra l’esercito del bene e quello del male. L’alto esponente della Chiesa ortodossa russa ha anche indicato un criterio infallibile per capire se uno Stato sia schierato o meno dalla parte della verità e della giustizia: basta, infatti, andare a verificare se le sue autorità autorizzino o meno le manifestazioni dei gay pride…
La pretesa di dare una giustificazione religiosa anche agli spargimenti di sangue è antica quanto l’uomo ed anche il nostro tempo non sta, certamente, facendo eccezione nel chiamarla in causa spesso e volentieri.
Anzi, dai fondamentalisti islamici agli induisti che attaccano i musulmani in India, sono tutti convinti di agire in nome di Dio o, comunque, di una morale di tipo superiore.
Evidentemente, lo slogan “Dio lo vuole” rappresenta ancora oggi una delle opzioni più vincenti tra quelle a disposizione del marketing del reclutamento militare.
Credits: Agenzia Fotogramma.
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Written by: Giornale Radio
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