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Unicredit-Bpm, procedura di infrazione su golden power: viola diritto Ue

today22 Novembre 2025

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(Adnkronos)

Scritto da Giornale Radio

Via alla procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per la golden power sull’operazione Unicredit-Bpm. Dopo sette mesi, la commissaria ai Servizi Finanziari Maria Luìs Albuquerque l’ha spuntata. La socialdemocratica portoghese è riuscita a superare le esitazioni della presidente Ursula von der Leyen, attentissima ai rapporti con la premier Giorgia Meloni, ottenendo l’avvio dell’attesa procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per la normativa sul golden power, che è stata usata per condizionare l’Ops (offerta pubblica di scambio) lanciata da Unicredit su Banco Bpm, poi abbandonata dalla banca di piazza Gae Aulenti per via delle condizioni imposte dal governo italiano.

Il dossier si era arenato sulla scrivania di von der Leyen, ma sarebbe stato difficile giustificare uno stop definitivo alla procedura di infrazione, se non altro perché la Spagna di Pedro Sanchez, politicamente agli antipodi dell’Italia di Giorgia Meloni, è stata messa in mora nel luglio scorso per lo stesso motivo. Madrid è in infrazione per aver condizionato, usando una normativa simile a quella italiana, l’Opa, offerta pubblica d’acquisto, lanciata dal Bbva basco sul Banco Sabadell catalano.

Sospinta dalla commissaria del Ppe (in Portogallo i socialdemocratici sono il principale partito del centrodestra), la Commissione non ha potuto evitare di intervenire anche sull’Italia. L’uso estensivo da parte degli Stati membri, a prescindere dal colore politico, di normative originariamente concepite per fermare scalate ostili provenienti dall’estero rischia di diventare un problema sistemico: l’Ue mira tuttora, almeno a parole, a realizzare l’Unione dei risparmi e degli investimenti, il ‘rebranding’ dell’Unione bancaria e dell’Unione dei mercati dei capitali, le due grandi incompiute dell’Ue.

Se gli Stati membri, a parole favorevoli a questi progetti, poi si dedicano a bloccare, per i motivi più diversi, persino le fusioni bancarie tra soggetti nazionali (come hanno fatto sia Madrid che Roma), allora è chiaro che l’Unione bancaria è destinata a rimanere una chimera. Da anni la vigilanza Bce auspica fusioni cross border, invano: come ha notato pochi giorni fa a Bruxelles il presidente di Unipol Carlo Cimbri, si fa molta “fatica” a ricordare un grande merger bancario transfrontaliero in Europa avvenuto nel recente passato. Perché non ce ne sono stati. E, senza grandi banche, è difficile avere le grandi imprese di cui l’Ue ha bisogno per poter sperare di competere con gli Usa e con la Cina.

L’esecutivo comunitario non ha potuto procedere nello stesso modo dei confronti della Germania, che si è mossa in modo diverso per fermare l’ascesa di Unicredit nel capitale di Commerzbank, cosa che pure era stata invitata a fare sotto la gestione di un precedente ministro delle Finanze, il liberale dell’Fdp Christian Lindner. Il cancelliere Friedrich Merz e il ministro delle Finanze Lars Klingbeil hanno chiarito più volte, con dichiarazioni pubbliche, di essere contrari ad un possibile takeover della seconda banca tedesca da parte della seconda banca italiana, la quale pure opera in Germania da lungo tempo, tramite la Hvb rilevata a suo tempo da Alessandro Profumo, che ha trasformato Unicredit nel gruppo internazionale che è oggi.

L’attuale Ceo di Unicredit, Andrea Orcel, su Commerzbank si è fermato, dato che non può permettersi di ignorare le parole del cancelliere tedesco e del ministro delle Finanze, che sono leader rispettivamente della Cdu e dell’Spd. Ma, non avendo la Germania applicato alcuna legge per bloccare Unicredit, la Commissione non ha potuto avviare una procedura di infrazione contro Berlino. Se questo è innegabile, è altrettanto vero che l’esecutivo guidato da von der Leyen, tedesca e del Ppe come Merz, è stato assai poco ‘vocale’ nei confronti dello stop imposto verbalmente da Berlino alla banca di piazza Gae Aulenti. Nessuno a Bruxelles si è stupito troppo: von der Leyen decide consultandosi solo con un nucleo ristretto di consiglieri suoi connazionali, come ha confermato una fonte qualificata della maggioranza Ursula, cosa che rende la sua ottica europea particolarmente ‘tedesca.

In ogni caso, la Commissione ha usato ogni precauzione per far sì che l’avvio della procedura di infrazione danneggi politicamente il meno possibile il governo Meloni: alla vice portavoce capo Arianna Podestà è stato affidato il compito di precisare che la procedura riguarda solo la normativa sul golden power, non un caso specifico. Da nessuna parte, nella stringata comunicazione della Commissione, vengono menzionate Unicredit e Banco Bpm. In più, la comunicazione dell’avvio della procedura è affogata nella ‘lenzuolata’ delle procedure di infrazione di novembre, senza essere oggetto di una comunicazione separata, come si fa in genere per le procedure più rilevanti, alle quali si vuole dare particolare risalto.

Tutte ulteriori conferme, se ce ne fosse bisogno, del fatto che la Commissione von der Leyen due tiene moltissimo al rapporto con il governo Meloni. Per motivi politici: l’Ecr copresieduto da Nicola Procaccini serve al Ppe come ‘ponte’ con le altre destre, i Patrioti e l’Esn, che possono essere utilizzate, all’occorrenza, per rintuzzare le spinte più progressiste che arrivano dall’ala sinistra della maggioranza Ursula. E’ la classica politica dei ‘due forni’ andreottiana, che viene sfruttata appieno dal presidente e capogruppo Manfred Weber in questa legislatura.

La lettera di messa in mora dell’Italia, primo stadio della procedura d’infrazione Ue, è arrivata oggi, dopo un ‘pilot’, una procedura informale di dialogo, durato ben sette mesi. E’ motivata dal mancato rispetto del regolamento sul Meccanismo di vigilanza unico, della direttiva sui requisiti patrimoniali, nonché degli articoli 49 e 63 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Tfue). Le preoccupazioni dell’esecutivo Ue riguardano la normativa sui ‘Golden Powers’, introdotta nell’ordinamento con decreto legge nel 2012 (governo Monti), modificato e prorogato nel 2021 e nel 2022, che conferisce al governo italiano “ampie prerogative” per esaminare, bloccare o imporre condizioni alle operazioni societarie nel settore bancario.

Pur mirando a salvaguardare la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico, per la Commissione la normativa, così come viene applicata dalle autorità italiane, rischia di consentire interventi “ingiustificati” per motivi economici, che “compromettono i principi di libertà di stabilimento e di libera circolazione dei capitali all’interno del mercato unico”. Inoltre, per la Commissione la legislazione italiana si sovrappone alle competenze esclusive della Bce nell’ambito del Meccanismo di Vigilanza Unico. L’Italia ha ora due mesi di tempo per rispondere e porre rimedio alle criticità sollevate dalla Commissione. In assenza di una risposta soddisfacente, la Commissione potrà emettere un parere motivato, il secondo stadio della procedura di infrazione.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che il mese scorso a Lussemburgo aveva spiegato che la sicurezza finanziaria è esclusiva competenza nazionale, ha fatto sapere che l’Italia, con spirito “costruttivo e collaborativo”, farà una proposta normativa che dovrebbe permettere di superare le obiezioni della Commissione e, dunque evitare di vedersi recapitare un parere motivato, passo precedente all’eventuale ricorso in Corte di Giustizia.

Le parole di Giorgetti vanno nella direzione indicata dal vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani, che a suo tempo aveva messo a verbale in Consiglio dei ministri la propria contrarietà, e quella dell’intera delegazione azzurra, all’applicazione del golden power all’Ops di Unicredit su Banco Bpm. Il ministro degli Esteri, già due volte commissario europeo ed ex presidente del Parlamento Ue, conosce benissimo le dinamiche bruxellesi e aveva messo in guardia il governo sulla mancanza di una base giuridica adeguata.

Per Tajani, bisogna impegnarsi per “trovare una soluzione positiva lavorando con Bruxelles, con il dialogo e il confronto”. Tajani si è augurato che “questo si possa fare con il confronto tra governo, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e la commissaria Maria Luìs Albuquerque”.

Per l’eurodeputato di Forza Italia Flavio Tosi, già sindaco di Verona con la Lega, fin dal principio contrarissimo allo stop all’Ops, “con la messa in mora dell’Italia da parte della Commissione Europea per la normativa sul golden power “si è confermato – ha detto all’Adnkronos – quello che il vicepremier Antonio Tajani e Forza Italia avevano sostenuto”, cioè che “l’esercizio del golden power” relativamente all’Ops di Unicredit su Banco Bpm, “oltre che inopportuno perché si trattava di una operazione Italia su Italia, era anche scorretto”.

In ogni caso, l’infrazione Ue arriva di gran lunga fuori tempo massimo, poiché Unicredit ha lasciato cadere l’offerta sul Banco e non intende ritornare sui suoi passi, come ha detto recentemente l’ad Orcel. Potrebbe però avere rilevanza sul piano legale: la banca di piazza Gae Aulenti ha da poco fatto appello in Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar del Lazio che aveva confermato due delle condizioni imposte dal governo. (di Tommaso Gallavotti)

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