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today3 Luglio 2023 8
A cura di Ferruccio Bovio
Difficile prevedere quale sbocco avranno gli scontri che, da alcuni giorni, stanno sconvolgendo la Francia. Si direbbe persino che gli episodi di violenza (ed i conseguenti provvedimenti di polizia restrittivi delle libertà personali), oltre a confermare, per l’ennesima volta, la profondità della frattura sociale che affligge il Paese, abbiano, comunque, ormai raggiunto il classico livello del non ritorno.
Un agente di polizia è stato subito incarcerato per aver ucciso – sembra a sangue freddo – un ragazzo di 17 anni che, senza patente, era alla guida di un’auto (ovviamente non sua) e che non era assolutamente nuovo a bravate del genere. La morte di un minorenne – per quanto avviato sulla strada della criminalità – dovrebbe indiscutibilmente costituire un dramma non solo per i suoi familiari ed amici, ma anche per chiunque sia capace di provare un minimo di pietà umana. Tuttavia, se andiamo a leggere i dati relativi ai fondi raccolti da due collette che si sono aperte in queste ultime ore – una in favore della madre del giovane di origini algerine e l’altra destinata alla famiglia del poliziotto incriminato – scopriamo che la prima ha messo insieme, fino ad oggi, 82mila euro, mentre la seconda ne ha totalizzati addirittura 550mila: e vale a dire circa sette volte di più. Il risultato finanziariamente molto più elevato ottenuto da chi intende esprimere la propria solidarietà all’autore del delitto ci porta, inevitabilmente, a domandarci da che parte stia l’opinione pubblica francese: quella che cioè, solitamente, preferisce rimanere silenziosa, facendo sentire il suo peso politico soprattutto quando si tratta di concentrare i propri voti sui candidati più moderati per impedire che un esponente della destra lepenista o dell’estrema sinistra vada ad occupare la poltrona dell’Eliseo.
Nell’osservare le immagini che ci giungono in continuazione dalle città d’Oltralpe, possiamo avere l’impressione che il Paese di Voltaire (ma non dimentichiamolo anche di Robespierre) si stia avvicinando pericolosamente alla soglia della “resa dei conti”. Da un lato, sono schierati i giovani delle “banlieus” che denunciano di essere discriminati e di non riuscire, pertanto, a sentirsi francesi.
Dall’altro, sembra invece posizionarsi una Francia che, in un certo senso, finisce per confermare i malesseri dei giovani di origine africana, poiché, a sua volta, non li considera come dei veri francesi, ma piuttosto come dei fannulloni che sfruttano le generosità dello Stato sociale, per poi impegnarsi sul serio esclusivamente in attività illecite di ogni tipo.
I nostri cugini transalpini sono abituati, da sempre, a fare affidamento su uno Stato molto forte che però, adesso, comincia a dare preoccupanti segni di sfaldamento: milioni di individui mostrano, infatti, sempre più chiaramente di non rispettarne più né le istituzioni, né i simboli. Eppure, Nanterre – il comune in cui è avvenuto l’episodio che ha dato origine alla rivolta – è tutt’altro che un’area desolata e abbandonata a se stessa…Anzi, è anche sede di una prestigiosa Università e di altre organizzazioni culturali… Certo non è facile per nessuno colmare il vuoto politico e valoriale lasciato dalla crisi dei partiti tradizionali, dei sindacati e della chiesa: un vuoto che ha, tra l’altro, finito per creare spazi – fino a qualche anno fa neanche immaginabili – per l’inserimento alternativo di nuove forze politiche e religiose. E i fatti di questa settimana confermano che una di queste – potrà la cosa piacerci o meno – è sicuramente l’Islam.
Scritto da: Giornale Radio
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