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today15 Marzo 2023 4
A cura di Ferruccio Bovio
L’intervento della Casa Bianca, studiato per evitare il rischio di contagio e di instabilità sistemica nel settore bancario americano dopo il fallimento della Silicon Valley Bank, sembra risultare adeguatamente efficace. Oltre a garantire i fondi depositati dai correntisti, prevede, infatti, anche notevoli risorse finanziarie da destinarsi alle stesse banche in difficoltà. La manovra studiata dall’Amministrazione Biden comprende, quindi, tutti gli elementi necessari per spegnere l’incendio prima che si propaghi in maniera irreversibile.
Certo, non più tardi di 24 ore fa, abbiamo assistito ad una serie di crolli a Wall Street che hanno fatto registrare cali particolarmente vistosi (addirittura un -78% per le azioni di New Repubblic) e pure le Borse europee ne hanno risentito pesantemente. E, francamente, ci aspettiamo che le turbolenze finanziarie siano intenzionate a prolungare, ancora per qualche giorno, la loro presenza anche nel Vecchio Continente. Tuttavia, come del resto si sono affrettati a spiegare sia il Commissario europeo, Paolo Gentiloni, che il nostro ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, i tempi del disastro della Lehman Brothers sembrano, per fortuna, piuttosto lontani.
Eravamo nel 2008 e l’eventualità di una crisi sistemica letale fu senz’altro molto concreta, poiché legata alla sciagurata attività di trading che molti Istituti statunitensi avevano svolto su milioni di titoli “tossici”: ricorderete che, proprio allora, iniziammo a sentir parlare di “mutui sub-prime”. Il crack della Silicon Valley Bank pare, invece, più che altro, il risultato di una cattiva gestione aziendale e di una pericolosa incompetenza dei dirigenti bancari. Non a caso, il presidente Biden è stato, in proposito, decisamente chiaro, dichiarando che “il management di queste banche sarà licenziato”.
E’ però, interessante anche raccogliere alcune voci che sembrano ora levarsi dal mondo dell’economia americana e che mettono in discussione la strategia fin qui seguita dalla Federal Reserve, in merito al rialzo dei tassi. Non pochi analisti hanno, infatti, cominciato a scrivere come sia ormai giunto il momento di porre un freno alla politica monetaria restrittiva imposta dalla Banca Centrale USA negli ultimi mesi. Politica che, se dovesse protrarsi, potrebbe creare veramente le condizioni per un rischio sistemico. Ecco perché, negli ambienti finanziari newyorkesi più qualificati, si comincia a parlare di un probabile ripensamento, da parte della FED, circa l’innalzamento di mezzo punto percentuale, in programma nell’immediato futuro.
Come reagirebbe la BCE dinanzi ad una svolta statunitense di questo tipo? Rivedrebbe quella linea di assoluto rigore che l’ha, ultimamente, guidata nella gestione della politica monetaria sulla zona euro?
Scritto da: Giornale Radio
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