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Dazi al 15%: un’intesa sbilanciata sotto la pressione di Trump

today29 Luglio 2025

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L’accordo firmato a Turnberry tra Donald Trump e Ursula von der Leyen penalizza l’Europa: dazi al 15%, export italiano a rischio, e onerosi impegni su armi ed energia.

Più che un accordo raggiunto al termine di un confronto sereno ed equilibrato, quello siglato da Donald Trump e da Ursula von der Leyen – presso il Golf Club di Turnberry – sembra, invece, essere l’ennesima manifestazione di prepotenza esercitata da un individuo arrogante, che impone alla controparte le sue condizioni negoziali ed il suo concetto di reciprocità riferito alle barriere doganali.

Dazi al 15%: meglio del previsto, ma ancora penalizzanti

Certo, i dazi al 15% – che, comunque, riguardano solamente le esportazioni europee verso gli Stati Uniti – sono pur sempre meglio di quelli minacciati al 30%: tuttavia rimangono piuttosto elevati, soprattutto se ad essi andiamo pure a sommare l’effetto penalizzante esercitato sulle nostre esportazioni dalla perdita di valore del dollaro (circa il 12%) nei confronti dell’euro. Inoltre, il Tycoon ha strappato alla presidente della Commissione europea anche onerosi impegni (per centinaia di miliardi) in merito all’acquisto di armi e di prodotti energetici di provenienza americana.

Impatti asimmetrici sulle imprese europee

I dazi base del 15% possono, pertanto, costituire un ostacolo molto serio per gli esportatori europei (o almeno per alcuni di essi): nel senso che le imprese con un forte potere di mercato – si pensi, ad esempio, alla Ferrari – potranno aumentare i prezzi delle loro esportazioni addossandone i costi ai consumatori americani, mentre quelle che vendono prodotti più sensibili al prezzo si vedranno obbligate ad operare una scelta dolorosa: e cioè, quella tra il farsi carico dei nuovi dazi abbassando i loro listini prezzi, oppure rassegnarsi a perdere mercato e fatturato.

L’impatto sull’economia italiana

E a questo proposito, per quanto concerne l’economia italiana, un comunicato dell’Unione Nazionale Imprese spiega come dall’introduzione dei dazi potrebbe derivare un impatto economico di circa 10 miliardi di euro, con i settori della moda, della meccanica, della farmaceutica, del lusso e dei trasporti ad essere i più colpiti. Nel complesso, la nuova politica tariffaria introdotta dall’Amministrazione Trump dovrebbe, in definitiva, comportare una flessione dello 0,5% sul fatturato degli esportatori italiani.

Uno spiraglio di tregua, ma il futuro resta incerto

Ci pare, dunque, che l’intesa scozzese, nell’immediato, offra all’Unione europea ben pochi spunti per cui rallegrarsi: se non quello di avere posto fine – o almeno si spera – a una perniciosa fase di grandi incertezze. Tuttavia, a parziale conforto di Bruxelles, gioca la validità triennale delle intese appena sottoscritte, le quali dovranno, quindi, essere rinegoziate nel 2028: quando chissà, forse alla Casa Bianca potrebbe essersi insediato un inquilino maggiormente rispettoso di quel sistema di regole e principi che hanno governato l’economia globale negli ultimi ottant’anni.

Accordo Trump-UE: Dazi al 15% e impatti sull’esportazione europea

L’accordo commerciale tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, pur evitando l’imposizione di dazi al 30% minacciati inizialmente da Trump, comporta comunque un aumento significativo dei costi per le imprese europee. In particolare, il settore farmaceutico europeo potrebbe affrontare un incremento dei costi compreso tra 13 e 19 miliardi di dollari. Questo è dovuto all’introduzione di un dazio del 15% sui farmaci di marca, mentre alcuni farmaci generici potrebbero essere esentati. Tuttavia, l’incertezza persiste riguardo all’applicazione di questi dazi, con alcuni analisti che suggeriscono che potrebbero essere applicati anche ai farmaci generici, aumentando ulteriormente i costi per i consumatori.

Inoltre, l’accordo prevede l’acquisto da parte dell’UE di 750 miliardi di dollari in energia dagli Stati Uniti nei prossimi tre anni. Questo impegno potrebbe comportare un aumento significativo delle importazioni energetiche dall’America, con potenziali implicazioni per i prezzi e la sicurezza energetica dell’Unione Europea. Tuttavia, alcuni esperti ritengono che raggiungere questo obiettivo potrebbe essere difficile, dato che l’UE dovrebbe triplicare le sue importazioni di energia dagli Stati Uniti rispetto ai livelli attuali.

Scritto da: Redazione


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