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A cura di Ferruccio Bovio
Sembra allontanarsi sempre più l’ipotesi di una riunione straordinaria del Consiglio d’Europa – da tenersi al più presto – per discutere sulla proposta avanzata da Mario Draghi (e sostenuta da Francia, Grecia, Spagna e Portogallo) di arrivare a fissare un prezzo massimo per il gas importato dalla Russia. Al momento, nonostante le insistenze del nostro premier, non sono stati inseriti in calendario meeting diversi da quello che è previsto addirittura per il 20 ed il 21 ottobre.
Pertanto, se non capita qualcosa di veramente inatteso, dell’idea di Draghi se ne parlerà solamente tra quattro mesi, quando cioè il caro energia dovrebbe nuovamente cominciare a presentare ai Paesi europei il suo conto più salato. È chiaro, a questo punto, che all’interno dell’Unione Europea esiste una componente che si culla nell’illusione di poter andare tranquillamente in vacanze, rimuovendo il problema di un inverno che si rischia, invece, di passare al gelo. È vero che i vari leader europei si incontreranno tra di loro in svariati altri summit che sono in programma durante l’estate, ma solo un vertice unitario dei Ventisette sarebbe veramente in grado di dare il via ad una strategia politica capace di fornire una risposta adeguata alla crisi energetica.
Ma cosa ha in mente Mario Draghi quando parla di un tetto al prezzo del gas che lui, tecnicamente definisce “price cup”? In pratica, si tratterebbe di individuare un meccanismo per fissare, appunto, un tetto nelle piattaforme di negoziazione del gas: un prezzo, quindi, al di sopra del quale gli operatori europei non potrebbero più comprare. Ed a questo proposito, pare che il nostro governo punti ad una soglia massima di 80 euro a megawattora (che, comunque, sarebbe pur sempre il quadruplo rispetto a quanto si pagava 12 mesi fa).
Ad opporsi sono soprattutto i Paesi Nordici (Olanda su tutti), secondo i quali fissare un tetto al prezzo del gas rappresenterebbe un passo indietro rispetto alla liberalizzazione del mercato dell’energia. In particolare, per comprendere il no di Amsterdam, bisogna considerare che l’Olanda è essa stessa un Paese produttore di gas e che nella sua capitale ha sede proprio il principale mercato comunitario dell’energia. Ed anche la Germania – almeno fino a pochi giorni fa – si è sempre schierata contro l’opzione del price cup: però adesso, dato che a Berlino la situazione si è fatta molto tesa dopo il taglio delle forniture di gas deciso da Mosca, il governo tedesco potrebbe magari, finalmente, anche decidersi ad assumere un atteggiamento più dialogante riguardo a questi temi.
Scritto da: Giornale Radio
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