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A cura di Ferruccio Bovio
Sembra che l’esercito russo sia ormai sul punto di impadronirsi stabilmente dell’intero territorio del Dombass: e si tratta di un risultato che coinciderebbe con quello che era stato presentato come l’obbiettivo fondamentale della “operazione militare speciale”, iniziata il 24 febbraio scorso. Per diverse settimane i governi ed i media occidentali ci hanno descritto, forse un po’ troppo ottimisticamente, una situazione sul campo che proiettava le immagini di forze armate del Cremlino allo sbando e di soldati ucraini che, grazie al loro eroismo ed agli aiuti militari di Stati Uniti ed Europa, stavano ormai marciando verso una clamorosa ed entusiasmante vittoria.
Però, a questo punto è chiaro che le cose non stavano propriamente così…e che, probabilmente, non avevano tutti i torti quei commentatori che dubitavano del fatto che l’esercito di Putin fosse poi veramente quell’ammasso di ferraglia arrugginita che alcune fonti – anche ufficiali -volevano far credere. Non assisteremo, pertanto, ad un respingimento indietro dei Russi, fino riportarli all’interno dei confini ufficialmente riconosciuti dalla comunità internazionale. Si impone, invece, adesso, un realistico abbandono dei tanti facili entusiasmi, in favore di una visione più credibile e pragmatica dello stato di cose che si è venuto a determinare. D’altra parte, è stato lo stesso Zelensky a riconoscere che la situazione si è fatta, in generale, molto pesante e, quindi, potrebbe avvicinarsi anche il momento in cui Mosca decida, finalmente, di aprire un tavolo di trattativa con Kiev.
I Paesi che erano parsi i più determinati a spingere Zelensky verso una resistenza ad ogni costo da opporre ai Russi fino alla vittoria finale, incominciano ora ad attenuare i loro toni ed i loro incitamenti, prendendo ragionevolmente atto del fatto che l’esercito di Mosca – che, indubbiamente, si è rivelato molto meno temibile di quanto si pensasse – potrebbe, comunque, essere sconfitto davvero soltanto se si verificasse un intervento diretto della NATO: cosa nemmeno ipotizzabile, perchè scatenerebbe quasi sicuramente una catastrofica terza guerra mondiale. Purtroppo l’Ucraina non ha e non avrà mai la concreta possibilità di liberare i territori perduti e, quindi, ancora una volta nella vita non saranno i “buoni” a prevalere…Però, stentiamo anche a credere che a Washington e a Londra qualcuno avesse seriamente pensato che Putin potesse accettare di tornarsene a casa, con le pive nel sacco, perdendo la faccia dinanzi al suo popolo ed al mondo intero, senza reagire con qualche gesto disperato.
Lo ha capito Macron quando ha detto che bisognava stare attenti a “non umiliare Putin”. E mostra di capirlo anche Mario Draghi, il quale, pur essendo forse il leader più filo atlantico nell’Unione Europea, non ha mancato di avanzare un suo piano di pace che le due parti in causa, prima di gettarlo via come carta straccia, avrebbero fatto bene a prendere in maggiore considerazione. In esso vengono elencate una serie di priorità da definire come la stabilità strategica, il disarmo e il controllo degli armamenti, la prevenzione dei conflitti e le misure di rafforzamento della fiducia. Già, la fiducia: difficile però credere che, tra un massacro ed una devastazione, si trovi ancora, in tutta l’Ucraina, qualcuno disposto a fidarsi di Putin.
Written by: Giornale Radio
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