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A cura di Ferruccio Bovio
Elon Musk, l’eccentrico imprenditore di origine sudafricana, ci è noto soprattutto per aver fondato la Tesla, anche se il settore delle auto elettriche non è certamente il solo ad appassionarlo. Tra i suoi grandiosi progetti figura, infatti, anche quello di dare vita ad una costellazione composta da 12.000 satelliti, in grado di garantire un servizio internet ad altissima velocità in tutti gli angoli del mondo. E per questo motivo, continua a lanciare sempre più nuovi oggetti nello spazio, anche a costo di creare pericoli per gli altri veicoli che si trovino in orbita.
Attualmente Space X, l’azienda aerospaziale che Musk ha fondato per realizzare il suo sogno di colonizzazione cosmica, dispone già di 1.600 satelliti che rappresentano i primi passi del progetto denominato “Starlink”. Peccato però, che due di essi abbiano recentemente rischiato di schiantarsi contro il “Palazzo Celeste”, vale a dire la stazione spaziale che costituisce il vanto della tecnologia cinese. Secondo un documento inviato all’inizio di dicembre da Pechino all’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari dello Spazio Esterno, il Palazzo Celeste ha, infatti, dovuto eseguire manovre evasive in due occasioni (sia a luglio, che a ottobre), per evitare un urto rovinoso con i satelliti di Space X. L’Agenzia spaziale cinese si è detta, pertanto, pronta a reagire al fine di garantire la sopravvivenza dei suoi astronauti. I Cinesi avvertono che più aumenteranno i lanci effettuati dalla Società di Elon Musk e più saliranno, ovviamente, le possibilità di collisione con altri oggetti presenti nello spazio.
Ma l’episodio, al di là della tensione che ha alimentato con quella che, in fondo, è un’azienda privata, ha finito soprattutto per fornire al governo di Pechino un’ottima occasione per inviare un monito agli Stati Uniti, ricordando loro il dovere di osservare il Trattato sullo Spazio Extra-Atmosferico, che disciplina i lanci satellitari, con tutte le loro implicazioni strategiche.
Dalla fine dell’Unione Sovietica, gli Americani si sono potuti adagiare su circa vent’anni di controllo assoluto dello spazio. Hanno collaborato con i Russi, coi Giapponesi e con gli Europei in tanti ambiti (compresa l’ideazione del super telescopio James Webb, messo in orbita la mattina di Natale), ma lo hanno sempre fatto escludendo i Cinesi, temendone lo spionaggio. Ciò nonostante, Pechino ha proseguito autonomamente sulla sua strada, ottenendo anche importantissimi risultati come l’invio di un rover su Marte, avvenuto nel maggio scorso. La Cina mostra, quindi, di disporre di un sofisticato know how che non può che preoccupare gli esperti del Pentagono, i quali paventano addirittura un sorpasso da parte del Colosso Asiatico entro il 2030.
La Cina, vista da Washington, appare come un interlocutore misterioso ed impenetrabile, che sfugge dinanzi a qualsiasi tentativo di coinvolgimento in una visione multilaterale del Pianeta. E la Casa Bianca che avverte ormai pesantemente sul proprio collo il bruciore del fuoco emesso dal drago cinese, percepisce, in modo netto, il pericolo di perdere quella leadership globale che aveva iniziato ad assaporare dalla fine della Guerra Fredda. È chiaro, quindi, che, in uno scenario in cui anche i più consolidati equilibri strategici rischiano di essere messi in discussione, la corsa al controllo dello spazio è destinata ad assumere un aspetto di sempre maggior vitale importanza.
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