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Il principio di sussidiarietà in Europa: dalla teoria alla prassi | 04/07/2023 | Il Corsivo

today4 Luglio 2023 4

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A cura di Ferruccio Bovio

Il cosiddetto “principio di sussidiarietà” a cui, trattando di questioni europee, si è recentemente appellata la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, non va assolutamente considerato come un elemento giuridico che sia frutto esclusivo del pensiero sovranista. Anzi, a ben vedere, il concetto in base al quale è preferibile non accentrare a Bruxelles ciò che può essere realizzato meglio a livello nazionale (o, comunque, locale) è, invece, presente in tutti i Trattati fondativi dell’Unione Europea: da quello di Roma per arrivare fino a Maastricht e a Lisbona. Pertanto, nei settori che non sono di competenza esclusiva dell’UE, il principio di sussidiarietà intende proprio tutelare la capacità di decisione e di azione dei vari Stati membri, legittimando l’intervento dell’Unione solamente nei casi in cui determinati obbiettivi non possano essere adeguatamente raggiunti dai singoli Paesi, ma siano, invece, meglio conseguibili a livello di Unione. L’introduzione di questo principio nei trattati europei mira, quindi, a portare l’esercizio delle competenze il più vicino possibile ai cittadini e si configura, in tal modo, come una chiara espressione della volontà di rispondere all’esigenza che le decisioni siano prese dalle autorità più prossime alle collettività destinatarie delle decisioni stesse. Ciò significa, in altre parole, che è Bruxelles a dover dimostrare, concretamente, che il suo intervento diretto è necessario e costituisce il solo mezzo per ottenere un certo risultato o per ottenerlo, comunque, in maniera più efficace.

Tuttavia, non possiamo neanche sottovalutare il fatto che stiamo parlando di principi giuridici e meccanismi operativi la cui applicazione è spesso però rimasta soltanto a livello teorico: tanto è vero che, tra le ragioni della crescente disaffezione verso le Istituzioni comunitarie, figura sicuramente anche una certa dose di risentita insofferenza verso una proliferazione legislativa comunitaria eccessiva e sovente invasiva in quasi tutti gli ambiti della vita dei cittadini e delle imprese degli Stati membri. Proliferazione che, nel caso più estremo, ha finito poi per provocare addirittura la Brexit.

Tuttavia, non sarebbe corretto addebitare l’origine di tanto intasamento normativo al principio di sussidiarietà, quanto piuttosto al controverso problema del perimetro delle funzioni attribuite all’Unione Europea: infatti, anche per quelle sue competenze che non sono esclusive, ma invece condivise, Bruxelles conserva pur sempre una legittimazione generale ad introdurre regole uniformi o discipline armonizzate. Legittimazione generale che, a questo punto, richiede probabilmente di essere ripensata in senso meno espansivo.

Pertanto, possiamo ipotizzare che, forse, soltanto riducendo il perimetro operativo degli interventi normativi europei, si produrrà il duplice effetto positivo di accrescere contemporaneamente l’efficacia degli atti legislativi e di consolidare la fiducia nella capacità delle Istituzioni europee di migliorare la vita dei cittadini e delle imprese. Cosa che, non dobbiamo scordarlo, costituisce, fin dai suoi primi passi, uno degli obiettivi primari dell’Unione Europea.

Scritto da: Giornale Radio

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